È una sera di fine giugno del 1969, diverse persone affollano un bar e sembra proprio che si stiano divertendo. La condensa della birra nelle loro mani inizia a gocciolare, bagnando le loro le dita e i vestiti. Fa molto caldo, nonostante sia ancora fine giugno. La musica è talmente forte che bisogna urlare per farsi capire dal gruppo di amici, radunato intorno al bancone.

Un trambusto copre all’improvviso la musica, e il chiacchiericcio degli astanti. Un gruppo di poliziotti irrompe nel locale, iniziando a perquisire, percuotere e arrestare tutti.

Senza un mandato, senza un apparente motivo.

È quello che successe la notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969 allo Stonewall Inn, un bar gay di New York.

Fu solo il primo degli scontri violenti tra gruppi di omosessuali e la polizia di New York e segnò l’inizio dei “moti di Stonewall”. I moti passarono alla storia anche “rivolta di Stonewall” o “Stonewall”.

La storia che condusse alla rivolta

Fino al 1965, la polizia locale degli Stati Uniti era solita condurre ispezioni a sorpresa e vere e proprie irruzioni nei locali gay.

La prassi seguita era quasi sempre la medesima: i soggetti presenti venivano identificati e registrati dalla polizia; si arrivava poi, in casi estremi, anche alla pubblicazione dei nomi sui quotidiani locali.

Dietro le irruzioni, non esistevano mandati, ma un insieme di motivazioni forzate e implicitamente celanti disapprovazione sociale per la categoria. Fra le varie ragioni addotte dalle forze di polizia per giustificare delle irruzioni tanto violente e al limite del legittimo, la più inflazionata era quella dell'indecenza dettata, a loro dire, dall'essere gay.

Baciarsi, indossare abiti del genere opposto, tenersi per mano o anche semplicemente essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

La situazione iniziò, tuttavia, a cambiare già all’inizio del 1966.

In seguito alle proteste della Mattachine Society, in assoluto la prima organizzazione a tutela dei diritti degli omosessuali in USA, iniziarono a diventare reali degli atteggiamenti di tolleranza nei confronti del mondo omosessuale.

Fu abolita la pratica dell' “entrapment”, l'adescamento da parte dei poliziotti con scopo di arresto, oltre all'obbligatorietà della presenza di un civile come testimone al momento del fermo.

La State Liquor Authority (SLA) revocò un provvedimento molto restrittivo inerente al commercio di liquori nei gay bar. Una sentenza giudiziaria dichiarò in seguito che fosse obbligatorio mostrare "prove sostanziali" per la revoca della licenza. Un'altra sentenza, inoltre, enunciò che le effusioni tra due uomini non erano più considerate alla stregua di comportamenti indecorosi.

L'insieme di azioni legali e la coraggiosa resistenza da parte del "movimento omofilo" della Mattachine contribuirono al declino dell'intervento della polizia.

Conseguentemente, dal 1966, crebbe esponenzialmente la presenza di gay bar nella Grande Mela.

Nonostante i pochi passi in avanti, tuttavia, rimanevano anche parecchi i luoghi vulnerabili. Lo Stonewall Inn era comunque il candidato perfetto: legato alla criminalità organizzata, non aveva la licenza per la vendita dei liquori, e al suo interno i clienti venivano intrattenuti da "go-go-boys", ragazzi che indossavano abiti succinti.

I moti di Stonewall

Generalmente, con una sorta di accordi tenuti taciti, i gestori del bar venivano avvisati poco prima delle retate. In questo modo, veniva loro permesso di riprendere, dopo l'irruzione ad inizio serata, il normale proseguimento degli affari per tutta la notte.

Ciò che rese diversa l'incursione delle forze dell'ordine quella notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 fu il combinarsi di diversi fattori.

In primis la motivazione storica. La crescita del movimento di protesta, ribellione e anti-autoritario del Sessantotto (in particolar modo quello contro la guerra in Vietnam a cui avevano già partecipato molti gay) rendeva matura l’idea che le minoranze avessero il diritto di rivendicare la loro dignità.

A influenzare i militanti gay delle origini fu soprattutto il movimento per i diritti civili dei neri. Una dimostrazione si trova nel fatto che lo slogan “Gay Power” (“Potere Gay”), utilizzato durante i disordini, derivava direttamente dallo slogan “Black Power (“Potere Nero”).

Proprio per questo la rivolta del 28 giugno 1969 viene percepita come una radicale rottura con i movimenti omofili del tempo. A cambiare quella notte fu l'ideologia di fondo: il nuovo movimento utilizzò il termine gergale "gay" e rifiutò l'integrazione nella società, considerata incapace di comprendere e accettare le diversità. Secondo i nuovi gay, la società andava infatti totalmente rivoluzionata.

La seconda motivazione è più popolare, resa poi celebre dal film “Stonewall”, sebbene da alcuni sia poi stata smentita. I moti del giugno 1969 vengono associati alla morte, avvenuta solo una settimana prima, di Judy Garland, attrice, cantante e ballerina ed icona gay. Il tangibile momento di lutto culminò nel suo funerale, il 27 giugno, cui parteciparono moltissimi omosessuali.

Molti dei clienti abituali del locale avrebbero quindi reagito all'irruzione in modo violento proprio perchè ancora emotivamente provati. In realtà molti rivoltosi affermarono in seguito che il lutto non fu la motivazione che li spinse ad agire e reagire in quel modo.

Verso l'1:20 di notte, quando ormai nessuna retata era attesa, otto ufficiali del primo distretto, uno solo dei quali in uniforme, entrarono allo Stonewall Inn.

Molti clienti riuscirono a sfuggire all'arresto. Gli unici a essere presi furono, infatti, oltre ai dipendenti del bar, tutti coloro che non avevano i documenti e che indossavano abiti del genere opposto.

I dettagli sull’inizio della rivolta variano sensibilmente. Molto spesso, in questi casi, la storia sfocia nella leggenda.

Secondo molti fu Sylvia Rivera a dare inizio allo scontro, scagliando una bottiglia contro un agente, in seguito a una percossa con un manganello.

Un'altra versione, invece, racconta che una donna lesbica, Stormé DeLarverie, venne trascinata verso un'auto di pattuglia, ma opponendo resistenza, incoraggiò la folla presente a reagire e prenderne le difese.

Comunque sia andata, la folla, arrabbiata e determinata, presto sopraffece le forze dell’ordine, all’urlo di “We are everywhere!” (“Noi siamo ovunque!”).

I poliziotti, presi alla sprovvista, si barricarono all'interno del bar. Molti dimostranti vennero picchiati violentemente, tra questi il cantante Dave Van Ronk.

Alcuni, tra la folla, cercarono di appiccare il fuoco al bar, altri, invece, cercarono di fare uscire gli agenti utilizzando un parchimetro come ariete.

La notizia della rivolta si diffuse a macchia di leopardo e moltissime persone si accalcarono sulla scena. Circa 2000 persone, contro più di 400 poliziotti.

Durante la prima notte di moti vennero tratte in arresto 13 persone, e vennero feriti quattro agenti di polizia, oltre a un numero molto elevato di dimostranti, che lanciando bottiglie e pietre, scandivano lo slogan "Gay Power!".

La polizia inviò a quel punto rinforzi, consistenti in una squadra anti-sommossa addestrata per placare le proteste contro la Guerra in Vietnam, la Tactical Patrol Force. Arrivata per disperdere la folla, non riuscì, però, nel suo intento.

La situazione non finì quella notte. La folla si ripresentò la notte successiva, e gli scontri proseguirono fino alle luci dell'alba.

Cinque giorni dopo la retata, un mercoledì, un gruppo di circa mille persone si radunò davanti al bar. L'astio nei confronti delle forze dell'ordine, il ricordo di come venissero umiliati e maltrattati i gay, avevano dato vita a una vera rivolta. Le strade erano piene di volantini con lo slogan: "Via la mafia! Via gli sbirri dai gay bar!".

L'eredità dei moti

I moti di Stonewall designano in modo simbolico la nascita del Movimento di Liberazione Gay moderno in tutto il mondo. Il 28 giugno è stato, quindi, scelto da tutto il movimento LGBT come "Giornata mondiale dell'orgoglio LGBT" o "Gay Pride".

Entro la fine di luglio del 1969 a New York si formò il Gay Liberation Front (GLF), e, nel giro di pochissimo tempo, comparve in città e università di tutti gli Stati Uniti, così come simili organizzazioni vennero presto create in diversi Paesi del mondo.

In Italia il primo movimento nacque solo nel 1971.

Nell’anno seguente ai moti di Stonewall, il GLF organizzò una marcia in commemorazione dei moti, a cui parteciparono tra le 5.000 e le 10.000 persone: si trattò del primo Gay Pride della storia.

Da allora, molte celebrazioni LGBT in tutto il mondo scelgono proprio il mese di giugno o l'inizio di luglio per le parate e gli eventi, con l’intenzione di commemorare e confermare un momento di orgoglio ed una rivolta contro una condizione di soprusi, violenze e discriminazioni. Ma a essere celebrata è anche la diversità e l’accettazione dell’altro.

Diversità non più percepita come estranea, malevola. Diversità che ha portato all’insurrezione, al rompere gli schemi, alla “caduta della forcina che si udì in tutto il mondo”.