La piattaforma in streaming Netflix da fine 2020 offre al suo pubblico Elegia americana, film tratto dall'omonima opera letteraria, apparentemente biografica, di J.D.Vance, best seller in negli Usa. La storia, costruita su flashback, inizia verso la fine anni Novanta. J.D. (Gabriel Basso) affermato avvocato ricorda la sua difficile infanzia trascorsa nella regione appalachina del Kentucky, il cuore contadino e operaio dell’America, quello più povero, dimenticato dalle fortune del capitalismo e dell'"American dream".

J.D. è anche lui un hillbillies, un “collinare”.

Senza un padre, è cresciuto con la madre. Studia con profitto, ha capito che soltanto con l'impegno e il duro lavoro può salvarsi dalle sue condizioni e andarsene, anche se la madre Bev (Amy Adams) con la sua malattia mentale e l'abuso di droghe fa di tutto per trattenerlo con sé. E se l'ingombrante madre problematica gli rovina la vita, impedendogli un riscatto esistenziale e sociale, fortunatamente a vegliare su di lui, c’è Mamaw, la nonna paterna (interpretata da una straordinaria Glen Close, all’apice della sua maturità di attrice e in odore di Oscar). È una donna del Novecento, saggia e dura, che lo ha cresciuto e protetto dalla follia della madre, trasmettendogli abnegazione e forza di volontà.

Una storia vera e toccante che insegna a non rinunciare mai ai sogni di una vita

Elegia americana era uno dei film più attesi. Segna il ritorno alla regia di Ron Howard, l’ex Rickye Cunningham di Happy Days. Tuttavia la critica, anche molto ingiustamente, si è voluta accanire sulla pellicola, ben diversa nella trama e nel messaggio del romanzo di J.D.Vance.

Howard riduce i forti messaggi e richiami politici di Vance, anestetizzando la denuncia di fondo tra chi ha tutto e chi non ha niente, accennando appena ai pregiudizi sulla gente dei monti Appalachi, "white scum" ("feccia bianca"), più emarginata dei neri nei ghetti di New York, triste e arrabbiata. Quella stessa gente che poi nel 2016 voterà Donald Trump.

La storia è la vita di un ragazzo, che, dopo una dolorosa maturazione, imparerà ad amare e, infine, ad accettare la sua sgangherata famiglia, centro di scontro di generazioni diverse: la nonna forte, la madre dissoluta e il giovane caparbio che ottiene il lavoro prestigioso, tanti soldi e un’amorevole moglie. Il "Sogno americano", in pratica che non si preclude a nessuno. Una storia semplice, che va al cuore. Ed è incomprensibile perché Elegia americana sia finito nel tritacarne della critica americana. I critici letterari non avevano triturato del tutto il romanzo di Vance, mettendo solo in dubbio che fosse biografico.

Apprezzato dal pubblico, meno dalla critica

Il New York Times, assieme ad altri quotidiani anglofobi, ha criticato duramente il film di Howard, definendolo “scontato” e “banale”.

Molti altri critici l’hanno, addirittura, definito "il film più brutto del 2020", benché gli attori siano bravissimi, da Amy Adams a Glen Close, calatasi in modo così totale nella parte della nonna Mamaw. L'attrice, attraverso foto e video d'epoca si è trasformata perfettamente nel suo personaggio. Non è bastata nemmeno la sceneggiatura di Vanessa Tayor (La forma dell’acqua) e l’accompagnamento musicale del premio Oscar Hans Zimmer a convincere la critica.

A differenza del pubblico, che ha apprezzato questa piccola, la critica ha bocciato la regia da manuale del due volte premio Oscar Ron Howard. Elegia americana è un film un po' scomodo, semplice e onesto nel rivelare le brutture della società americana, razzista e drogata di denaro e successo.

Howard dirige un dramma ben sceneggiato, capace di coinvolgere chi non sa nulla di quei luoghi americani che assomigliano, in modo aggiornato ai tempi, ai luoghi dimenticati da Dio del romanzo di Carlo Levi (Cristo si è fermato a Eboli, ndr).