Gestire un club come la Roma calcio non è affatto semplice. Troppe tensioni quotidiani, troppo stress se lo si vive nella Capitale, troppo alta l'attenzione costante dei tifosi, troppe pressioni dai media (soprattutto le radio) locali. E' un business complicato, soprattutto se lo si controlla da Oltreoceano. E soprattutto quando poi i risultati non sono all'altezza delle attese iniziali e le vittorie (di scudetti o coppe) non arrivano.

Tutto questo, l'imprenditore e finanziere americano James Pallotta lo sta iniziando a capire. Ci ha messo alcuni anni, ma ora il quadro della situazione gli è più nitido.

Anche se l'investimento fatto e gli impegni presi, al momento di subentrare alla famiglia Sensi e affiancare e poi sostituire in toto Unicredit, lo vincolano ancora a qualche anno di impegno sul campo e non solo.

La svolta è lo stadio di proprietà: business is business

Per l'uomo che viene da Boston - è tra i soci proprietari dei mitici Boston Celtics con i quali ha vinto l'anello Nba nel 2008 - l'importante è che alla fine i conti tornino sempre. Per questo nel corso delle ultime sessioni di Calciomercato si è via via privato di stelle e astri nascenti (da Lamela a Marquinhos, da Romagnoli a Benatia e così via).

Per Pallotta vale la più classica delle filosofie made in Usa: "Business is business".

E nel calcio moderno, come dimostrano le esperienze in Inghilterra e Germania, per far sì che il calcio possa essere assimilata a qualsiasi altra attività industriale- E l'unico modo è avere lo stadio di proprietà col quale fare soldi con le attività commerciali correlate all'evento sportivo.

Per questo l'imprenditore americano si è impegnato negli ultimi anni per riuscire a costruire il nuovo impianto di proprietà del club giallorosso.

Troppi intoppi per il cantiere di Tor di Valle

Ma nonostante il via libera ottenuto da tempo dal Comune di Roma, dalla precedente giunta-Marino, poi saltata per le inchieste sul primo cittadino, lo stadio non c'è. Manca l'ok della Regione Lazio, il cui governatore Nicola Zingaretti ancora non si è esposto. E anzi, preferisce prendere tempo, anche perché nei prossimi mesi ci saranno le elezioni comunali e non si vuole esporre in prima persona.

Tanto più che, come sostengono i sondaggi, a vincere sarà il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, lo stadio resterà un sogno di Pallotta.

Inoltre va aggiunto che il costruttore, avvero il gruppo Parsitalia di Luca Parnasi è da tempo in difficoltà per la crisi del settore e sta trattando con le banche da tanto tempo per sistemare il debito superiore ai 400 milioni. In questo momento, il costruttore non è in grado di avviare il cantiere.

A ciò vanno aggiunti i 320 milioni di oneri accessori, all'impianto, ovvero infrastrutture e opere urbanistiche che nessuno per ora si vuole accollare, tantomeno Parnasi che sta piuttosto cercando dei cavalieri bianchi, leggi salvatori, per mettere in sicurezza il gruppo Parsitalia.

Senza stadio, Pallotta cambierà idea

Ma la realizzazione e l'apertura del nuovo stadio della Roma è la condizione fondamentale per continuare a credere e investire nel progetto calcistico giallorosso, visto che comunque nonostante gli investimenti, dall'avvento di Pallotta non si sono vinti né campionati, né competizioni europee.

Per cui, in definitiva, se per ragioni politiche - il governatore Zingaretti è in qualche modo legato a Parnasi avendo acquistato da quest'ultimo la sede dell'ente Provincia di Roma, ai tempi della sua presidenza - o economiche, il nuovo impianto di Tor di Valle non sarà realizzato, Pallotta potrebbe dire addio. Impegnandosi magari in un club inglese.

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