Quella composta dal presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, dall’imprenditore toscano amico fraterno del premier, Marco Carrai, e dal multimiliardario cinese fondatore della piattaforma per l’e-commerce online Alibaba, Jack Ma, rischia di essere ricordata come una Triade. Ovviamente intesa non come un patto in stile mafia cinese, ma nel senso di uno stretto, intenso e fecondo matrimonio commerciale. La notizia, riportata dal Fatto Quotidiano è che, in base ad un accordo divenuto operativo dall’agosto scorso, tutte le imprese italiane che hanno intenzione di gettarsi alla conquista dell’immenso e appetitoso mercato cinese attraverso Alibaba dovranno passare giocoforza dalla E.MarcoPolo srl, società in parte controllata proprio da Marco Carrai.
L’accordo tra Italia e Alibaba
Risale all’11 giugno 2014 la firma dell’accordo tra il governo italiano, da poco guidato da Matteo Renzi, e Alibaba, il gigante del commercio elettronico fondato nel 1999 dall’imprenditore cinese Ma Yun, noto però con il nome più occidentalizzato di Jack Ma. Il contratto diventa operativo appena un mese fa, ad agosto 2016, e da quel momento gli imprenditori del Belpaese hanno la possibilità di gettarsi nel mercato più in espansione del mondo utilizzando il portale online che gestisce centinaia di miliardi di dollari in vendite (170 nel 2012), molto di più di Amazon ed eBay messe insieme. Il rapporto tra il premier italiano e il tycoon dagli occhi a mandorla risale ai tempi in cui Renzi siedeva ancora sulla poltrona di sindaco di Firenze.
I due si sono incontrati diverse volte, in Cina e in Italia, l’ultima ad inizio settembre, in occasione della riunione del G20 tenutasi nella città di Hangzhou. Anzi, i tre, perché Marco Carrai non ha fatto mancare quasi mai la sua presenza.
La Cina è più vicina con Carrai
Dunque, da agosto scorso, come detto, le imprese italiane potranno fare affari su Alibaba, ma passando obbligatoriamente per il tramite rappresentato dalla E.Marco Polo.
Il perché questo ruolo di mediazione così importante sia stato assegnato all’azienda modenese resta un mistero. Come un mistero è il reale peso dell’onnipresente Marco Carrai nel suo organigramma, composto da una serie di quelle che in gergo vengono definite, guarda la coincidenza, ‘scatole cinesi’. Fatto sta che Carrai (da tempo sulla graticola mediatica per la vicenda dell'affitto pagato nella casa di Firenze all’amico sindaco Matteo e per il tentativo, poi naufragato, di diventare uno 007 a capo delle cyber-security tricolore), rischia di guadagnare una montagna di denari senza muovere un dito ogni volta che una azienda italiana stringerà un accordo commerciale nel paese del capitalismo comunista utilizzando Alibaba.