Se il 3 gennaio 2018 entra in vigore la nuova direttiva europea Mifid II a tutela dei risparmiatori, il 13 gennaio 2018, solo 10 giorni dopo, entrerà in vigore anche nel nostro Paese un'altra direttiva europea, la PSD II. Questa, però, rischia di scatenare una vera e propria guerra commerciale-finanziaria la cui posta in palio sono i dati su milioni di transazioni e, quindi, sui depositi di milioni di clienti dei vari istituti di credito. E dato che, ormai, la maggior parte delle transazioni avviene telematicamente è facile capire chi sono i contendenti sul campo.

Da una parte le banche che gestiscono i conti correnti e dall'altra i grandi big di internet che, già ora, consentono la trasmissione di questi dati. Vediamo, quindi, di capire meglio cosa cambierà dal prossimo 13 gennaio e come questo impatterà direttamente sulla vita di milioni di consumatori.

Cosa prevede la PSD2

L'obiettivo della direttiva europea PSD2 è creare le condizioni perché si realizzi il cosiddetto modello di banca aperta. In soldoni, questo nuovo modello di banca si prefigge di condividere le informazioni, dietro autorizzazione del cliente, con altri soggetti non necessariamente intermediari finanziari. Questo, negli intenti dell'Unione Europea, dovrebbe portare ad una maggiore concorrenza e, quindi, a vantaggi economici per i consumatori - clienti finali.

Attualmente il modello di banca tradizionale, a livello europeo, è ancora preponderante. Ma nel corso dell'anno appena trascorso si sono cominciate ad affacciare sul mercato società di intermediazione cosiddette fintech che propongono strumenti di pagamento alternativi, il più famoso dei quali, attualmente, è il Bitcoin. Da parte loro, le Banche tradizionali sembrano ancora abbastanza restie ad effettuare il salto tecnologico necessario per completare il passaggio al modello di banca aperta.

Ecco perché l'Unione Europea ha visto la necessità di introdurre questa nuova direttiva.

Le mosse dei colossi di internet

Da parte loro, i colossi di internet, Amazon, Alibaba o Facebook già da tempo, sopratutto negli USA, stanno adottando politiche commerciali in questo senso. Solo per citare un esempio, Amazon ha creato un servizio di credito aperto ai propri rivenditori, denominato Amazon Lending, che concede credito agli stessi e, di conseguenza, cementa il rapporto di dipendenza commerciale del rivenditore nei confronti di Amazon.

Anche Alibaba non è stato a guardare. Anzi, in questo caso il colosso cinese ha stipulato un accordo con Unicredit, niente meno, per far utilizzare ai turisti cinesi in Italia un'app dedicata per effettuare i pagamenti. Questa app, denominata Alipay, ha già un bacino di clienti cinesi che si dovrebbe aggirare intorno ai 450 milioni. In pratica, quanto tutta la popolazione del vecchio continente.

Questi esempi diovrebbero rendere chiaro quali siano le grandezze in gioco. Tanto è vero che di recente il Vice - Direttore di Banca d'Italia, Fabio Panetta, si era spinto a predire che entro massimo 10 anni o le banche assorbiranno le società del fintech o saranno queste ultime a soppiantare gli istituti di credito tradizionali.

L'obiettivo, per le società di fintech non sarebbe tanto un aumento della redditività, quanto, piuttosto la mole di dati dei clienti in possesso delle banche utili ai fini della profilazione commerciale.

Ecco perché, alla fine, per mere esigenze di sopravvivenza, le banche si vedranno costrette a scendere a compromesso con le società di fintech e cedere alle loro richieste relativamente ai dati dei propri depositanti. Anche perché, già ora, le dimensioni di alcune di queste sono tali per cui a soccombere, in un'ipotetica guerra finanziaria, non sarebbero loro, ma le banche. Per essere ancora più chiari, oggi, Apple capitalizza 880 miliardi di dollari circa e ha liquidità per 270 miliardi di dollari. Goldman Sachs, un tempio della finanza mondiale, capitalizza meno di 100 miliardi. Il futuro, quindi, sembra segnato, dati alla mano.