Trump alza i prezzi alle importazioni cinesi destinate agli Usa e, di tutta risposta, Xi Jinping fa lo stesso per i prodotti di importazione USA destinati al mercato cinese. In questo ping pong che pare non tenga conto del Wto (l'organizzazione mondiale del commercio), sono stati imposti dazi per 128 prodotti statunitensi per far fronte alle tariffe applicate dall'amministrazione Trump, ovvero il 10% e il 25 % sulle importazioni di alluminio e di acciaio.

Lontano dall'accordo con la Cina, vicino a quello con la TTP

L'amministrazione Trump pare soddisfatta del suo operato, tanto che intende proseguire minacciando di voler bloccare investimenti tecnologici cinesi negli Stati Uniti e concentrarsi sulle nuove tariffe doganali ventilate nella scorsa settimana per 100 miliardi di dollari.

Se da parte del presidente USA vi è dunque una chiara e decisa chiusura nei confronti della Cina e del suo mercato, all'occorrenza vi è stata un'apertura verso la Trans Pacific Partneship (TTP), ovvero il trattato di libero scambio per il commercio delle economie del Pacifico. Tutto ciò potrebbe mettere in moto un nuovo ping pong con al centro lo stesso presidente americano, dato che metterebbe quest'ultimo in una posizione ulteriormente "contro" le politiche di Xi Jinping , oltre che farlo venire meno alle sue stesse promesse, promosse in campagna elettorale.

Trump impone e giustifica i suoi dazi

Così Trump continua imperterrito la sua azione impositiva, facendo leva sulla Selection 301 della legislazione commerciale americana, che legittima ogni azione, comprese rappresaglie, per rimuovere atti di governo stranieri che danneggiano il paese.

Trump si giustifica affermando che tale azione è scaturita in risposta alla decisione di Pechino di adottare misure contro 50 miliardi di import statunitese. La Cina in un annuncio si era infatti dichiarata pronta ad adottare misure contro 106 prodotti agricoli e industriali, come la soia e gli aerei Boeing, misure a loro volta destinata a contestare altrettanti dazi americani su 1300 prodotti tecnologici e di consumo cinesi.

Ipotesi di sviluppi commerciali dannosi

Le mosse del presidente USA sembrano non tenere conto che Pechino è il maggior detentore del debito pubblico americano, con 1200 miliardi, dato che per di più registra una crescita esponenziale, per colpa delle politiche fiscali aggressive della Casa bianca. C'è da dire che proprio in questi giorni lo stesso presidente sembra voler alleggerire le tensioni commerciali verso la Cina, perlomeno questo sembrano far intuire le dichiarazioni rilasciate dal consigliere economico della Casa bianca, Larry Kudlov, il quale, contro l'ipotesi di sviluppi commerciali dannosi per i due paesi, ma anche per altri, in ogni caso, prevede almeno due mesi di tempo prima che i dazi americani introdotti possano concretizzarsi