Per la serie BlastingTalks, intervistiamo David Vannozzi, direttore generale di Cineca. Il consorzio interuniversitario rappresenta 92 enti pubblici, tra cui due Ministeri, 69 università italiane e 21 istituzioni pubbliche nazionali. Fondato nel 1969, oggi costituisce il maggiore centro di calcolo in Italia e uno dei più importanti a livello mondiale.

Blasting Talks è una serie d'interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.

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Partiamo con una domanda sull’attività che Cineca porta avanti ormai da diversi decenni: come lavora il vostro consorzio e quali sono i temi di cui vi occupate principalmente?

Cineca è operativo da mezzo secolo. Quando fu fondato, l’Italia era il Paese dei calcolatori Olivetti e italiano era l’ingegnere che lavorò al primo computer dell’IBM. Dico questo per ricordare a chi lo avesse dimenticato che l’Italia era già mezzo secolo fa un luogo dove l’innovazione e la ricerca erano pane quotidiano. Cineca è il braccio operativo del Ministero dell’Università e della Ricerca, con 92 enti consorziati, tra cui atenei, enti di ricerca e alcuni policlinici di prima grandezza.

Per loro eseguiamo calcoli complessi, sviluppiamo sistemi informativi, gestiamo i processi amministrativi. Siamo il supporto tecnologico del Ministero, per citare due eventi recenti, per i test di accesso alle facoltà di Medicina e Chirurgia, e il “Concorsone”. Ma Cineca è anche molto di più. Il 15 ottobre, in una conferenza stampa con, tra gli altri, il ministro Gaetano Manfredi e con il direttore della DG Connect della Commissione Europea, Roberto Viola, abbiamo annunciato che il supercalcolatore Marconi100 sarà presto affiancato da un altro supercalcolatore, Leonardo, il che ci metterà nella condizione di essere fra i primi 5 supercalcolatori al mondo con una capacità di calcolo che sfiora i 250 milioni di miliardi di operazioni al secondo.

Leonardo è finanziato dalla Commissione Europea e dal Ministero dell’Università e della Ricerca e sarà il primo supercomputer europeo a disposizione della comunità scientifica internazionale per calcolo ad alte prestazioni, big data e intelligenza artificiale.

Dopo lo scoppio del Coronavirus e l’avvio del lockdown com’è cambiato il vostro modo di lavorare?

Il nostro lavoro è cambiato al passo con molti altri lavori e contemporaneamente in modo del tutto peculiare. Cineca, infatti, è stato catapultato in prima linea nella ricerca delle molecole per contrastare il coronavirus, nella ricerca del vaccino così come delle terapie. Con il lockdown ci siamo allineati alla nuova realtà dello smart working. Per molti versi il nostro lavoro è incrementato poiché abbiamo dovuto “inventare” lo smart working per i nostri consorziati e predisporre le infrastrutture informatiche per le lezioni a distanza nelle Università. Un impegno straordinario per le nostre forze, per il quale desidero ringraziare i miei collaboratori e le maestranze di Cineca.

Lo smart working ha rappresentato un fenomeno emergente negli scorsi mesi e sembra destinato a cambiare profondamente le abitudini lavorative di milioni di italiani.

Quale modello avete adottato all’interno del vostro consorzio?

La situazione creata dall’emergenza ci ha consentito di sperimentare e far partire una riflessione più strutturata, di lungo termine, per individuare un modello di smart working sostenibile sia per la nostra azienda, sia per quelle che si appoggiano alle nostre soluzioni, cioè le università e gli enti di ricerca. Infatti, parallelamente al lavoro da remoto massivo, attivato per oltre il 90% dei dipendenti, è stato avviato un progetto pilota di smart working vero e proprio, a cui partecipano circa 80 persone. Per sistematizzare l’esperienza, e definire i requisiti necessari, abbiamo considerato diversi aspetti, tecnici ma anche “politici”, dello smart working: dall’analisi delle attività coinvolte, alla definizione di diritti e doveri dello smartworker; da come affrontare gli aspetti della sicurezza del lavoratore e della cybersecurity, alle modalità di gestione del cambiamento culturale che lo smart working impone; dalle modalità organizzative del lavoro del futuro per garantire efficienza, alle competenze e gli strumenti da mettere in campo e come estendere questa esperienza a tutti gli altri settori.

Il tutto, tenendo sempre al primo posto il cliente, potenziando dunque gli strumenti di customer satisfaction. Siamo solo all’inizio, ma per la prima fase della sperimentazione il cruscotto della valutazione del cliente ci ha dato risultati positivi.

Sempre in tema di Covid-19, all’interno di un recente comunicato avete evidenziato il ruolo del supercomputer Marconi100 nell’accelerazione della ricerca di una terapia: in che modo i big data possono essere di aiuto e supporto in questo ambito, e nella società?

Il supporto dei big data è fondamentale. Il supercomputer Marconi100 ha trovato, in poche settimane di lavoro, una molecola che promette di essere efficace nella terapia del Covid. Come? Analizzando il comportamento del modello virtuale del virus nell’interazione con 500 miliardi di molecole contenute in una libreria digitale.

Se non avessimo avuto a disposizione Marconi100 sarebbero stati necessari molti mesi di tempo per analizzare una così grande mole di dati. Questo esempio potrebbe far pensare che i big data siano appannaggio delle sole grandi ricerche scientifiche, o delle grosse multinazionali, ma non è così. In realtà si tratta di uno strumento a cui anche le PMI possono avere accesso. In questo momento storico, in cui alle piccole e medie aziende è richiesto di innovare per diventare più competitive, la tecnologia è sempre più accessibile: tramite progetti di collaborazione tra enti di ricerca e imprese, proof of concept e progetti finanziati a livello nazionale e comunitario. Inoltre, le applicazioni dei big data sono molteplici: nell’industria, farmaceutica e manifatturiera, ma anche nell'erogazione dei servizi.

Stiamo assistendo a una diffusione sempre più capillare dei big data nelle aziende meccaniche, nel packaging o automotive così come negli ambiti socioeconomici come finanza, assicurazioni, marketing. Il supporto di supercalcolatori come Marconi100 o Leonardo è fondamentale per accelerare i processi, ma non dimentichiamo che le competenze del personale Cineca nell’ambito del supercalcolo sono altrettanto importanti.

L’aumento della complessità dei modelli di rappresentazione del mondo e le sempre maggiori esigenze di calcolo della ricerca scientifica hanno reso negli ultimi anni sempre più importanti i supercalcolatori. Può fare qualche esempio concreto del loro impiego all’interno di progetti recenti?

Il contrasto della pandemia è un esempio calzante. Cineca, e non è un dato transeunte, è oggi capofila, di Exscalate4Cov, un progetto coordinato da Dompé, finanziato dalla Commissione Europea per lavorare sul fronte più caldo della ricerca sanitaria tramite software per virtual screening e simulazioni di dinamica molecolare. La grande capacità di calcolo ha consentito di accelerare un processo che normalmente richiede ingenti investimenti, e molti mesi di tempo. Per non tacere dei grandi progressi nel campo delle previsioni meteo. Da qui a qualche anno i supercalcolatori renderanno possibile una lettura talmente dettagliata dei dati scientifici inviati dai satelliti geotermici da rendere verosimile le previsioni meteo non solo per grandi aree, ma anche per aree molto piccole, poco più grandi di un quartiere di Roma.

In che modo pensa l’emergenza sanitaria ed economica cambierà il ruolo dei supercalcolatori? Possiamo affermare di essere davanti a un possibile cambio di paradigma per il settore, visto il ricorso diffuso a questi strumenti per fare fronte alla pandemia presente e a quelle future?

La realtà in cui siamo immersi ogni giorno viene decrittata attraverso un reticolo di numeri e di dati. Nessun settore sfugge a questa regola. Ho fatto l’esempio delle previsioni meteo, ma si pensi alla previsione dei flussi veicolari sulle strade o all’ottimizzazione del controllo degli spazi aerei. Però, e sono d’accordo, è sulla salute pubblica che si concentra l’attenzione dei grandi istituti di calcolo. I supercalcolatori velocizzano sicuramente le risposte terapeutiche a una pandemia aggressiva come questa del Covid.

Il supercalcolo però si darà nuovi orizzonti, incluso quello di studiare in modo sincrono la convergenza di tanti effetti - ambiente, qualità dell’aria, salute dell’uomo e degli animali - per capire quali futuri virus potranno generarsi senza un controllo di qualità della nostra vita e della interrelazione noi e l’ambiente.