Potremmo dire proprio così. L'ennesimo caso di un'Unione che non unisce. Una contraddizione evidente insita nelle stesse istituzioni comunitarie di due facce della stessa medaglia: da un lato l'Europa che fa i salti mortali, che tratta, si confronta quando c'è da evitare il default della Grecia o di un altro paese in difficoltà per non perdere con esso tutti gli interessi economici a questo legati; dall'altro, una comunità che fa ancora molta fatica a rendere gli stati che la compongono pienamente proiettati verso una condivisione di decisioni, anche per questioni di natura sociale che possono riguardare più particolarmente alcuni paesi ed escluderne altri, ma comunque con l'obiettivo di fare ciò che è possibile nelle capacità di ognuno. Ma il caso di Ventimiglia è soltanto l'ultimo esempio di quanta strada ci sia da fare per realizzare una coscienza e una realtà veramente Europea.

Il silenzio oltre il muro dei patti di stabilità e dello spread

Ieri sera, al confine con la Francia, a Ventimiglia, sono stati allontanati circa 400 immigrati, chiudendo difatti le dogane alla frontiera, da parte delle forze dell'ordine francesi. Gli stessi immigrati, inseguito, avrebbero rifiutato per protesta gli aiuti prestati. Le reazioni circa questo evento sono state diverse, chi ha applaudito alla Francia per essersi ripresa la sovranità dei suoi confini (semmai ce ne fosse stato bisogno), chi ha gridato allo scandalo per aver abbandonato l'Italia a far fronte ad una emergenza di queste proporzioni in solitudine. Il problema, in realtà, non sarebbe neanche la Francia , la quale già in passato non aveva sostenuto il nostro paese in occasione dell'appello fatto alle istituzioni ed agli altri paesi dell'Unione ad affrontare  questa delicata situazione cooperando assieme. La questione (sempre più politica, a dire il vero) è come difronte a determinate difficoltà l'UE non riesca a mantenere un comportamento coeso costante. Nel momento in cui le situazioni a livello comunitario si fanno difficilmente sostenibili all'interno di ciascun paese, soprattutto in termini di consenso, si osserva una chiusura ed una intransigenza, per cui ci si rivolge esclusivamente ai bisogni nazionali dimenticandosi in fretta di far parte di qualcosa di più grande ed articolato. In realtà questo è anche in parte giusto, ciò che appare più discutibile è come questo atteggiamento faccia apparire le istituzioni di Bruxelles sempre più incapaci di ricongiungere le singole parti ad una intesa comune, facendo in questo modo poco per smentire tutti quei movimenti crescenti dal sentimento anti-europeo. È proprio in queste occasioni che l'UE ed in suoi paesi membri dovrebbero invece mostrare una condivisione di interessi, non necessariamente di medesime opinioni, ma fare in modo che quest'ultime possano dare luogo ad un'intesa comune, tanto più nel momento in cui bisogna fare i conti con una difficile realtà, che in maniera più o meno diretta coinvolge tutti i paesi dell'Unione. E fare in modo, quindi, che l'Unione Europea e l'Europa siano qualcosa in più delle infinite questioni economiche, dei patti di stabilità, dei bond e dello spread, che seppur importanti, non sono l'unico elemento su cui poter costituire un'unione politica. Perché se così fosse, allora era sufficiente un mercato comune. I ponti che dovevano fondare quest'Unione, per adesso li abbiamo visti solo sulle banconote. Difronte a ciò che è accaduto, sembrano più che mai ipocrite le immagini e le parole dei capi di stato e governo di quando, appena alcuni mesi fa, si piangevano oltre 700 vittime al largo di Lampedusa.