Per staccarci dall'Unione Europea ci vorranno almeno dieci anni, altro che due. E al termine di questo periodo non c'è nessuna garanzia che si arrivi a un risultato positivo, perché basterebbe il veto di uno dei 27 paesi del blocco continentale per mandare tutto all'aria”. L'ambasciatore britannico a Bruxelles, Sir Ivan Rogers, non ha usato esattamente queste parole, ma questo è, in estrema sintesi, il senso del suo discorso a un gruppo di ministri impegnati con il dossier Brexit. Il contenuto dell'incontro doveva rimanere riservato, ma i politici a Londra sono quasi più ciarlieri dei nostri e qualcuno ha pensato bene di avvertire la BBC.

Che si è prontamente buttata sulla notizia, facendo venire l'ennesimo coccolone a una Theresa May già provata dall'accoglienza men che gelida dei suoi colleghi del Vecchio Continente in occasione del summit del Consiglio d'Europa di giovedì scorso.

Il governo continua a mostrare ottimismo

Se c'è infatti un punto su cui la Premier e i suoi ministri insistono in ogni circostanza è che, una volta attivato l'articolo 50, i due anni di negoziati previsti dal Trattato di Lisbona saranno più che sufficienti per giungere a un accordo con l'Unione Europea. Un mantra che sembra fare a cazzotti con la realtà, perché, come dice Stephan Mayer, portavoce del Ministro degli Interni tedesco, pensare che la questione dei rapporti commerciali tra Regno Unito e UE nel post Brexit possa essere risolta in 24 mesi è davvero da ingenui.

Probabilmente dalle parti di Downing Street sono consapevoli della situazione, ma devono continuare a mostrare ottimismo, perché la pressione degli euroscettici sul governo affinché le operazioni di distacco dal continente siano accelerate si fa ogni giorno più pesante. Basti pensare che un brexiter duro e puro come l'ex ministro conservatore Dominic Raab ha respinto con fastidio le parole di Roger, attribuendole non a un'accurata disamina della realtà da parte dell'ambasciatore ma al suo “cupo pessimismo”.

Per far fronte ad attacchi del genere, il governo si è affrettato a intervenire con un comunicato nel quale si dice che Roger non ha espresso un parere personale, ma si è limitato a riportare il punto di vista maggioritario tra i leader dei paesi dell'Unione. La May, da parte sua, si è semplicemente rifiutata di dire la sua sull'argomento.

Non così il ministro per la Brexit, David Davis, secondo cui 24 mesi - 18 per le trattative e 6 per le ratifiche da parte del Parlamento europeo, di quello britannico e di quelli dei 27 paesi dell'Unione - bastano e avanzano. Al contrario, il vice-premier del primo governo di David Cameron, l'ex leader liberal-democratico Nick Clegg, definisce “illusi” i politici convinti che le trattative possano chiudersi in due anni.

“Brexit, serve un piano di emergenza”

A proposito di trattative, il governo si è beccato una severa reprimenda da parte della Commissione Affari Esteri. A quanto pare, infatti, l'esecutivo non ha preparato un piano di emergenza per l'eventualità che i negoziati con la UE vadano a ramengo.

La circostanza è emersa quando Alan Duncan, un sottosegretario del Foreign Office, incalzato sulla questione, ha risposto che il piano al momento non esiste. Per il presidente della Commissione Esteri, Crispin Blunt, si tratta di un problema grave: “C'è il rischio concreto che al termine dei due anni di negoziati non si raggiunga un accordo. Non possiamo ripetere gli errori del governo Cameron, che ha mancato di dare istruzioni al Foreign Office e ad altri dipartimenti chiave in caso di vittoria del Leave al referendum sulla Brexit. In quell'occasione c'è stata una chiara negligenza. Questa volta sarebbe anche peggio. Risulta difficile credere che il governo non abbia dedicato nessun pensiero ai problemi tecnici e legali che potrebbero derivare da un mancato accordo. Capire le implicazioni di questa eventualità aiuterebbe a minimizzare l'incertezza.