Venerdì 25 maggio l’Irlanda è stata chiamata a votare al referendum per l’abrogazione dell’ottavo emendamento, datato 1983, il quale rendeva a tutti gli effetti illegale effettuare un’interruzione volontaria di gravidanza. Venivano di fatto poste sullo stesso piano la vita del nascituro con quella della madre, proteggendo così i diritti del feto. Solo nel 2013 lo stato acconsentì il diritto ad abortire nel caso in cui la vita della madre fosse stata in pericolo.
Il dibattito
Negli ultimi decenni si stima che siano circa 150.000 le donne costrette ad abortire all’estero, in particolare in Inghilterra, a ciò si aggiunge compravendita online illegale di pillole abortive, il cui consumo può provocare danni irreparabili alla Salute delle donne.
La battaglia iniziò nel 2013 quando a Savita Happalanavar, 31enne, venne ripetutamente negata la possibilità di abortire e morì in seguito a complicanze di una setticemia causata da un aborto spontaneo. Questo avvenimento drammatico diede inizio al dibattito riguardo un argomento considerato tabù in un Paese ancora per molti versi conservatore ed estremamente cattolico, dove la presenza capillare della Chiesa influenza i bacini elettorali appartenenti alle fasce più tradizionaliste come quelle rurali. Non stupisce che proprio nella capitale, Dublino, si sia registrato il 77% dei voti favorevoli all'abrogazione.
Exit-poll cancellano ogni dubbio
Si tratta di una giornata storica secondo molti questa che vede una netta vittoria del "sì" col 68% dei voti contro il 32% del "no" degli antiabortisti che ammettono la sconfitta per mezzo del loro portavoce John McGuirk.
Un duro colpo per i movimenti antiabortisti europei e mondiali, molti dei quali hanno finanziato la campagna irlandese pro-life e che puntano a fare marcia indietro sul diritto all’aborto legale e sicuro, uno dei più faticosamente guadagnati dai movimenti femministi nei diversi Paesi. La maxi affluenza alle urne e il rientro in Irlanda di moltissime donne irlandesi residenti all'estero indica quanto questo referendum sia stato sentito dalla popolazione irlandese.
Il giovane premier Leo Varadkar, da sempre sostenitore del "sì", ha già promesso una nuova legge, della quale si discuterà in Parlamento. La normativa, che allineerebbe il Paese con la regolamentazione sull'aborto vigente nella maggior parte dei Paesi europei, consentirà alle donne di effettuare un’interruzione volontaria di gravidanza entro le prime 12 settimane, tenendo conto di tutti i fattori che possono portare a una scelta così sofferta e dolorosa oltre a quelli strettamente di salute.
Gli esiti del referendum erano tutto salvo che scontati. I sondaggi vedevano infatti il "sì" in vantaggio, ma di una percentuale che si era andata a restringere nelle ultime settimane. Il dibattito aveva diviso il Paese, ma alla luce dei risultati di questa mattina, la frattura non è così netta come sembrava.
La vittoria del movimento pro-choice rappresenta il crollo di una delle ultime roccaforti dell’antiabortismo europeo, una svolta di fondamentale importanza per le nuove generazioni.