Theresa May, cogliendo al balzo l'assist fornitole dal suo avversario Jeremy Corbyn, si è fatta autorizzare, nella riunione di governo di ieri, la richiesta al Parlamento di far slittare il termine ultimo per la Brexit a dopo il 29 marzo. L'istanza dovrebbe essere presentata tra il 13 e il 14 marzo, qualora il Parlamento britannico dovesse respingere la sua nuova bozza di Brexit da negoziare con l'UE entro le date prefissate.
Poiché si ritiene che l'Unione europea non abbia, da parte sua, alcun motivo per rifiutare il rinvio richiesto dal governo di Theresa May, l'opzione No-Deal può ritenersi accantonata quanto meno in tempi ristretti.
Questo è proprio ciò a cui mira il leader di opposizione laburista Jeremy Corbyn, che nei giorni scorsi aveva già presentato alla Camera una sua proposta di rinvio.
Le recenti mozioni di Jeremy Corbyn portano acqua al mulino di Theresa May
Corbyn ha anche annunciato la presentazione di altre due mozioni alla Camera dei Comuni. Con la prima si chiede di ammorbidire la Brexit, con il mantenimento dell'unione doganale e del mercato unico, nonché sul tema dei diritti del lavoro e della tutela dell'ambiente. Con la seconda mozione, si ventila addirittura un secondo referendum in caso di mancato accordo.
Il leader laburista ha giocato le sue carte onde evitare l'emorragia dei parlamentari del suo partito che gli avevano contestato gli errori della sua Politica pro-Brexit.
Prima di ciò Corbyn - non più di una settimana fa - si era addirittura recato a Bruxelles per incontrare il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Successivamente ha fatto le sue mosse in Parlamento.
Il politico 69enne sa bene che difficilmente le sue mozioni potranno essere approvate dalla Camera dei Comuni.
Theresa May, tuttavia, ha capito che il nuovo corso del leader dell'opposizione potrebbe farle ottenere dalla Camera l’approvazione del suo piano di uscita dall'Europa, che alcune correnti del suo partito (Conservatore) le hanno sinora negato.
La "soft Brexit" su cui punta Corbyn, infatti, è molto simile al risultato del negoziato che Theresa May ha condotto sino a pochi mesi fa con Bruxelles.
Il piano concordato, come è noto, fu respinto dal Parlamento britannico con il voto contrario anche del leader dell'opposizione. Ora però i laburisti sembrano aver cambiato idea. May, quindi, si accingerebbe a ripresentare in Parlamento sostanzialmente lo stesso documento, la cui unica modifica sarebbe legata al regime giuridico da applicare alla frontiera terrestre tra Regno Unito e Repubblica d'Irlanda, facente parte della UE.
Theresa May, Corbyn, Juncker: tre leader, un unico piano
Il piano del primo ministro sarebbe quello di proporre un mantenimento transitorio dell'Unione doganale con l'Irlanda e l'Unione europea. Se dovesse andare ancora una volta incontro ad un voto contrario, proporrebbe il rinvio del termine del 29 marzo per tornare a negoziare su altre basi: proprio ciò che è stato richiesto da Corbyn.
Con il voto favorevole dei laburisti, anche l'ala più intransigente del partito conservatore dovrebbe chinare il capo.
Theresa May, inoltre, ha trovato un altro inaspettato alleato: i mercati. Le notizie delle ultime 24 ore anticipate dai media, infatti, hanno fatto impennare le quotazioni della sterlina. I "duri e puri" del partito conservatore, sinora convinti degli svantaggi dell'adesione della Gran Bretagna alla UE, non sono mai stati insensibili alle indicazioni della City. Ciò potrebbe condurli a un voto favorevole, se non ad una "soft Brexit", quanto meno ad una rinuncia al "No Deal" e ad uno slittamento dei termini per l'eventuale accordo.
Diversamente, ecco sul tavolo le mozioni dei laburisti a sparigliare le carte.
Sarebbe imbarazzante per il partito conservatore se dovesse essere l'opposizione a dettare le regole del gioco e le linee fondamentali per accordarsi con l'Unione europea. Così come, al contempo, risulterebbe ancor più imbarazzante impegnarsi in un secondo referendum, il cui risultato sarebbe quasi certamente favorevole agli intendimenti dei laburisti. E a quelli di Theresa May.