Le terze elezioni politiche in soli quattro anni consegnano agli spagnoli la stessa situazione Politica: un parlamento senza una maggioranza definitiva. Il Partito socialista operaio, guidato dal Presidente del Consiglio uscente, Pedro Sanchez, si afferma con il 28,7% dei voti e 123 seggi su 350. “Adesso, il partito ha di fronte tre sfide - ha proclamato Sanchez ai suoi elettori - lotta alla disuguaglianza, promuovere convivenza e concordia e porre fine alla corruzione”. Il messaggio sembra rivolto da un lato alla sinistra di Podemos (14,3% e 42 seggi), dall’altro ai nazionalisti catalani, purché superino il programma secessionista.

Le precedenti elezioni erano state vinte dal Partito popolare, di centro-destra, allora guidato da Mariano Rajoy, successivamente rovesciato dal parlamento. Nonostante la nuova leadership di Pablo Casado, per il PP la sconfitta è inappellabile, avendo raccolto solo il 16,7% dei voti e 66 seggi. Casado ha individuato nella frammentazione della destra una delle cause della sconfitta.

L’altro partito di opposizione di centro-destra, Ciudadanos, con il 15,8% dei voti, è passato da 32 a 57 seggi. Entra per la prima volta in parlamento Vox, il partito di ultradestra neofranchista, guidato da Santiago Abascal. Ottiene il 10,3% dei voti e 24 seggi, contrariamente ai sondaggi della vigilia che gli attribuivano almeno due o tre punti di più.

Solo il PSOE può tentare di formare una maggioranza governativa a Madrid

Il quadro che esce, quindi, da questa ennesima consultazione è estremamente frammentato. Forse, ancor più di quello del panorama politico italiano, data l’importanza della componente secessionista catalana. Psoe e Podemos, infatti, mettono insieme solo 165 seggi, cioè undici in meno di quelli necessari per la maggioranza parlamentare.

L’opposizione di destra (PP+Ciudadanos+Vox), complessivamente 147.

Se nessuno dei due schieramenti ha i seggi necessari per governare da solo, a Madrid, solo il PSOE può, eventualmente, trovare altrove i voti necessari. Questi potrebbero provenire dai partiti nazionalisti baschi o catalani che siano. Due sono i partiti catalani che hanno ottenuto seggi.

Esquerra Republicana, guidata da Oriol Junqueras, ha nettamente vinto nella regione e rappresenta l’ala più dialogante degli indipendentisti. Poi c’è la formazione di centro Junts per Catalunya dell’ex presidente Carles Puigdemont.

Junqueras è attualmente in carcere; Puidgemont in asilo politico a Bruxelles. Difficilmente, però, sembrano inclini a rinunciare alla pregiudiziale indipendentista, come chiede Sanchez. Più facile quindi potrebbe essere l’approccio tra i socialisti e i partiti baschi (Partito Nazionalista Basco e Euskal Herria Bildu) che, con i loro voti, permetterebbero al governo di sinistra di ottenere la quota minima di 176 seggi.

A Madrid, un accordo tra partiti europeisti potrebbe condurre a una maggioranza più solida

Si è trattato, comunque, di un voto che “conforta gli europeisti”, come hanno titolato la maggior parte dei giornali europei. Le elezioni spagnole erano ansiosamente attese, negli ambienti dell’Unione Europea, come prova generale dell’attesa sfida del 26 maggio da parte delle forze anti-sistema ai partiti tradizionali. I risultati hanno evidenziato il mancato sfondamento dell’ultradestra di Vox e il declino dell’estrema sinistra Podemos.

Proseguendo in tal senso, Madrid potrebbe confermarsi come una delle capitali europee con la più numerosa rappresentanza dei partiti tradizionali e incrementare il suo peso, all’interno dei gruppi euro parlamentari.

A ben guardare, nel nuovo parlamento spagnolo, la matematica evidenzierebbe un’altra possibile maggioranza, più forte delle altre che si ipotizzano. È quella tra i due partiti più solidamente collocati nella tradizione europeista: il PSOE e il PP. Sommando i 123 seggi dei socialisti e i 66 dei popolari, infatti, si arriva a 189, ben 13 più del necessario. L’ipotesi non è poi così trascendentale. Il precedente governo Rajoy, infatti, si reggeva su tale maggioranza, a parti invertite. Perché, in Spagna, non dovrebbe essere possibile un “contratto di governo” tra forze contrapposte prima del voto, come si è fatto in Italia o in Germania?