Madrid. Gli spagnoli sono andati a votare per la quarta volta in quattro anni. Le urne, ancora una volta, non consentono al parlamento di esprimere una chiara maggioranza. I socialisti del Psoe hanno vinto le elezioni con il 28,3%, ma sono scesi da 123 a 120 seggi. Ne sarebbero necessari altri 56 per raggiungere la maggioranza di 176 seggi.

I loro ex alleati di Unidas Podemos hanno ottenuto il 10,7 per cento dei voti, pari a 28 seggi. Cioè sette in meno rispetto a quelli ottenuti ad aprile.

L'altro partito di sinistra Más País ha preso solo l’1,7 per cento dei voti, pari a 2 seggi.

Sommando i seggi del Psoe con quelli dei due partiti di sinistra, ne mancano ancora 26.

Il principale partito dell'opposizione di centrodestra, il Partito Popolare, sale da 66 a 87 seggi. Vox, il partito neofranchista ha invece raddoppiato la sua rappresentanza, passando da 24 a 52 parlamentari. E' divenuto così la terza forza Politica del paese. Tali partiti hanno beneficiato del decremento dei partiti governo ma soprattutto della sostanziale sparizione dell'altra forza di destra, Ciudadanos, che è passato da 40 a 10 seggi.

Le elezioni di domenica hanno visto la partecipazione più bassa di questo secolo, con un’affluenza di solo il 66,5% degli aventi diritto (-3,2%).

A Madrid le ipotesi per per comporre una maggioranza sono tante ma tutte aleatorie

Le dichiarazioni degli esponenti socialisti, man mano che andava avanti lo spoglio delle schede, sono state contraddittorie. Per primo ha parlato il segretario organizzativo Josè Luis Abalos, ministro dello Sviluppo economico. Ha dichiarato che il Psoe aspira a un governo "a carattere progressista" ed è contrario ad una grande coalizione con il Pp.

Anche il premier Pedro Sanchez si è inizialmente dichiarato favorevole solo alla formazione di un governo progressista. Poi, si è detto intenzionato a formare comunque un governo stabile, evitando di richiedere nuove elezioni. Per tale motivo dialogherà con tutti i partiti tranne Vox e chiedendo alle altre forze di assumersi le loro responsabilità.

Sembra che già nelle prossime ore presenterà la sua proposta di accordo a tutte le formazioni minori, anche ai regionalisti e separatisti baschi e catalani. Teoricamente, in tal caso, potrebbe contare su 191 seggi, cioè la maggioranza. Ma sono stati proprio gli indipendentisti catalani, togliendo l'appoggio esterno, a far cadere l'ultimo governo Sanchez. Ritenere che stavolta possano cambiare atteggiamento, dopo la condanna dei loro maggiori leaders da parte della Corte suprema, sembra estremamente aleatorio.

Resta l'ipotesi di un governo di minoranza, con l'astensione del partito popolare. In tal caso, tuttavia, il Pp consegnerebbe le redini dell'opposizione di destra a Vox , vista la disfatta di Ciudadanos.

Insomma una quadratura del cerchio molto difficile da ottenere da parte di Sanchez.

I successi di Vox e degli indipendentisti catalani complicano il quadro politico a Madrid

Non si può comunque commentare queste ennesime elezioni in Spagna tralasciando di citare il trionfo dell'ultradestra di Vox. Questo partito si è imposto nella comunità autonoma di Murcia, ed a Ceuta, una delle due exclavi spagnole in Marocco. E' inoltre diventato il primo partito in diversi municipi della comunità autonoma di Madrid.

Vox ha ottenuto consensi grazie alla sua linea oltranzista sulla questione catalana. Il suo programma prevede l'abolizione delle autonomie regionali in tutta la Spagna. Si dichiara inoltre anti-immigrazione e anti-femminista.

Il suo leader Santiago Abascal in un'intervista televisiva si è pubblicamente definito a sostegno della discriminazione razziale e di genere.

Infine, alcuni cenni sul risultato elettorale della Catalogna. Nella regione secessionista, i partiti indipendentisti hanno ottenuto il 43% dei voti e 23 seggi. Nelle scorse elezioni si erano fermati al 39,4%. Pur ottenendo un risultato senza precedenti, sono ancora lontani dalla maggioranza assoluta. Inoltre i maggiori consensi li ottengono nell'interno e non a Barcellona o nelle altre città costiere. Ciò significa che anche la Catalogna è divisa nonostante gli errori del governo centrale nella gestione della crisi. Un problema in più per Madrid e la sua monarchia.