Matteo Renzi ha parlato il 18 maggio in conferenza stampa non solo di rimborsi pensionistici, ma anche di pensione anticipata. La novità previdenziale a cui si sta studiando dovrebbe permettere ai giovani di entrare nel mondo del lavoro e la possibilità ai lavoratori che volessero farlo, di andare in pensione prima, ma con un assegno più basso.
Questo è quanto ha dichiarato il governo, il quale ha in mente di inserire nella prossima legge di Stabilità una modifica della legge Fornero (che richiede per la pensione di vecchiaia 66 anni e 3 mesi per gli uomini e le donne e nel settore privato 63 e 9 mesi) preferendo una pensione con penalizzazioni crescenti dell'assegno in rapporto al distanziamento dall'età richiesta per legge.
Così chi ad es. ha maturato almeno 42 anni e mezzo di contributi, indipendentemente dall'età anagrafica, potrebbe andare in pensione anche a soli 61 anni di età, perdendo solo poche decina di euro al mese. Renzi per spiegare quanto intende fare ha detto che "se una donna a 61, 62 o 63 anni vuole andare in pensione due o tre anni prima" lo potrà fare perdendo solo 20-30-40 euro.
Il problema della «flessibilità pensionistica» di cui si parla tanto per molti non è di semplice realizzazione, perché costa molto quindi non si comprende come faccia Renzi a parlare di somme cose piccole se su una pensione da 1000 euro uscendo prima dal mercato del lavoro a 61 invece di 66 anni si dovrebbe rinunciare ad 100, per di più la Ragioneria generale parla di un maggior onere di 5 miliardi l'anno per le casse statali, quindi in molti credono che non è nulla di fattibile ma solo una delle promesse non mantenute del premier Renzi.
Una soluzione questa che potrebbe realizzare un ricambio generazionale e un aumento dell'occupazione sia nel privato che nel pubblico, ma se questo dovesse determinare altre tasse giungendo ad un'eccessiva pressione fiscale di certo non piacerebbe agli italiani anche perché spesso i lavoratori che vanno in pensione prima non vengono sostituiti da nuovi assunti.