La sentenza n. 7776/2015 Sezione Lavoro della Corte di Cassazione è degna di menzione poiché non solo l'Inps perde una causa contro un suo ex dipendente, e di questi tempi non è una novità per gli avvocati difensori dello Stato, ma soprattutto perché, come spesso accade con le sentenze di ultimo appello, queste fanno giurisprudenza generale anche per altri casi analoghi.

I più importanti sindacati nazionali sono già al lavoro con i loro uffici legali per tutelare i loro iscritti che lavorano in regime di esclusività al fine di sollevarli dal pagamento a proprio carico della tassa di iscrizione, ed anzi rimborsati di quanto già eventualmente versato, trattandosi di incombenza gravante sull'Ente pubblico datore di lavoro.

Varie professioni interessate

Medici, psicologi, infermieri, assistenti sociali, ostetriche, tecnici di radiologia, biologi, solo per citare i ruoli dirigenziali sanitari e il comparto sanità, potranno valutare se intraprendere azioni di rivalsa sulla Pubblica Amministrazione alla luce di questa sentenza. Nello specifico sia l'IPASVI che il SUNAS, rispettivamente i sindacati di tutela degli infermieri e degli assistenti sociali, hanno già avviato una consultazione tra i propri iscritti e chiesto formalmente ai dicasteri istituzionali competenti, il recepimento della sentenza della Suprema Corte.

Il testo della sentenza

"Il pagamento della tassa annuale di iscrizione all'Elenco Speciale annesso all'Albo degli avvocati, per l'esercizio della professione forense nell'interesse esclusivo datore di lavoro, rientra tra i costi per lo svolgimento di detta attività, che, in via normale, devono gravare sull'Ente stesso. Quindi, se tale pagamento viene anticipato dall'avvocato dipendente deve essere rimborsato dall'Ente medesimo, in base al principio generale (…), ai sensi dell'art. 1719 c.c., secondo cui il mandante è obbligato a tenere indenne il mandatario di ogni diminuizione patrimoniale che questi abbia subito in conseguenza dell'incarico, fornendogli i mezzi patrimoniali necessari".

Vengono perciò di fatto smentite le precedenti interpretazioni della Corte dei Conti in sede di controllo, già non condivise dal Consiglio di Stato, con parere reso il 15 marzo 2011 nell'affare n.

678/2010, "nelle quali è stato qualificato l'obbligo di corresponsione della tassa d'iscrizione come strettamente personale, essendo legato all'integrazione del requisito professionale necessario per svolgere il rapporto con l'ente pubblico".

Due visioni diverse di uno stesso problema, con l'eccezione che questa volta ad esprimersi è stata la Cassazione.

Nei prossimi mesi scopriremo se lo Stato dovrà rivedere il totale delle uscite dal proprio bilancio, con lo scoramento dei tecnici della finanza pubblica, a favore però dei propri dipendenti che vedono riconoscere un loro diritto e un risparmio medio calcolato tra tutti i professionisti di circa 100 € annui.