La discussione sulle pensioni anticipate riparte da un’altra prospettiva. Quella di un costo condiviso dal pensionato e dallo Stato. “L’uscita anticipata dal lavoro – ha spiegato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti – non dovrà essere a costo zero. Chi va via qualche anno prima dal lavoro rispetto ai requisiti di età e di contribuzione fissati dalla Riforma Fornero, dovrà avere un importo dell’assegno pensionistico più basso. Ma occorrerà che anche lo Stato metta la sua parte”.È un cambio di prospettiva nella riforma delle Pensioni non di poco conto.

Fino a pochi giorni fa dal Governo facevano passare il concetto che la flessibilità in uscita si dovesse “autofinanziare”, senza andare ad intaccare i conti dello Stato. Con ipotesi di decurtazioni sugli assegni pensionistici che arrivavano a tagliare da un minimo del 15 fino al 30 per cento dell’importo. E, sulla base di queste percentuali, la proposta di Cesare Damiano e di Pier Paolo Baretta del Partito Democratico di un taglio del 2 per cento per ogni anno di anticipo rispetto all’uscita da lavoro stabilito dalla Fornero, è stata quasi messa nel dimenticatoio.

Pensioni anticipate, la penalizzazione del 2% progressivo metterà tutti d’accordo?

Il Corriere della Sera di oggi, 3 settembre 2015, pubblica la notizia di una nuova proposta relativa alle pensioni anticipate.

La base di partenza è ancora la proposta di Damiano e di Baretta, ma la penalizzazione parte dal 2% per poi diventare progressiva a seconda del numero di anni di uscita anticipata dal lavoro.La proposta, dunque, non considera più fisso quel 2 per centoma, rispetto ai 66 anni di età che rappresenta il limite minimo per andare in pensione secondo quanto previsto dalla Legge Fornero, la percentuale dovrà essere crescente all’aumentare del numero di anni.

Dunque, se l’uscita dal lavoro con un anno di anticipo produrrebbe un taglio del 2 per cento sull’importo della pensione, anticipare di due anni vorrebbe dire che la decurtazione salirebbe al 5 per cento, mentre chi esce tre anni prima accetterebbe una sottrazione dell’8 per cento e così via.Tra le ipotesi formulate finora, questa della decurtazione progressiva potrebbe collocarsi a metà strada e accontentare tutte le ragioni: quella della sostenibilità per i conti dello Stato e quella di una flessibilità non troppo onerosa per i pensionati. La discussione nella prossima Legge di Stabilità che inizierà tra un mese potrebbe ripartire da questo punto fermo.