Dopo la divulgazione dei dati Inps relativi agli assegni degli italiani nel 2015, cominciano a registrarsi le prime reazioni da parte della politica. A delineare uno "scenario futuro preoccupante" è il Presidente della Commissione lavoro alla Camera Cesare Damiano, che sottolinea come il progresso delle uscite di anzianità rappresenti un elemento "prevedibile", perché "mette il luce la rigidità dell'attuale sistema" e "induce i lavoratori ad abbandonare appena possibile le aziende". D'altra parte, il repentino irrigidimento dei requisiti anagrafici e contributivi di pensionamento deciso nel 2011 con la legge Fornero e lo scivolo progressivo delle aspettative di vita hanno di fatto costituito un sistema che rischia di diventare"tutto a carico delle giovani generazioni".
Pensioni di vecchiaia e di anzianità: preoccupa lo scenario dei prossimi anni
"Tra 30 anni, nel 2046, la pensione di vecchiaia si otterrà a 69 anni e 5 mesi, mentre la Pensioni di anzianità richiederà 45 anni e 8 mesi per gli uomini e 44 anni e 8 mesi di contributi per le donne". Una scenario previsionale che per l'On Damiano rappresenta un punto sul quale non si possonoprocrastinare ulteriormente nuovi interventi. Il rischio è infatti di trovarsi con "aziende popolate da settantenni che lavorano per mantenere a casa figli e nipoti disoccupati". Se si vuole evitare che si realizzi questa situazione, è quindi imprescindibile che "il Governo si decida e faccia del 2016 l'anno della flessibilità delle pensioni", in modo da offrire un meccanismo di uscita dal lavoro a chi si trova in età avanzata e da riavviare il turn over e la staffetta generazionale offrendo nuove opportunità ai più giovani.
Resta da comprendere in che modo si muoverà l'esecutivo, visto che i propositi per una riforma generalizzata nel corso degli ultimi anni si sono sempre infranti contro il muro dei conti e delle rilevazioni tecniche.
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