Nell’ambito del rapporto di Lavoro, tra datore e dipendente, esistono numerose norme inserite nel Diritto del Lavoro. Diritti e doveri sono reciproci e regolati da precise norme che tutelano le due parti nel rapporto di lavoro prima, durante e dopo. I dati Istat resi pubblici la settimana scorsa sono allarmanti, con il 40% dei giovani che sono senza lavoro, con le aziende che chiudono per fallimento e non riescono a far fronte nemmeno alle richieste dei propri dipendenti. La crisi economica, ma non solo, è una delle cause scatenanti di molti fenomeni negativi quando un rapporto di lavoro cessa.

La chiusura di una azienda in linea generale potrebbe lasciare strascichi che proseguono nelle aule giudiziarie. Sovente, il lavoratore si trova a non ottenere lo stipendio, il Trattamento di Fine Rapporto o ad accorgersi che il proprio ex datore di lavoro non ha versato i contributi previdenziali che gli spettavano. Ecco una guida per il lavoratore su come fare a difendersi da queste vessazioni e quali termini di scadenza esistono per richiedere un sacrosanto diritto.

Scadenze tra i 5 ed i 10 anni

Per prescrizione si intende l’arco temporale entro il quale un soggetto, in questo caso il lavoratore, può far valere un proprio diritto prima che questo scada. Non esiste legge che proroghi questa scadenza nel Diritto del Lavoro come nelle altre branche della Giurisprudenza.

In linea generale, i diritti di un lavoratore si prescrivono in 10 anni dalla loro maturazione. Il lavoratore può esercitare il diritto non riconosciutogli, di aumento di qualifica o di versamento dei contributi entro 10 anni. In pratica, se un datore di lavoro ha omesso di applicare gli scatti di anzianità ed il relativo aumento di stipendio, o non ha versato i contributi previdenziali dovuti, il lavoratore ha 10 anni di tempo per chiedere i danni.

Il diritto nasce dal giorno in cui si è manifestata la mancanza da parte del datore di lavoro e dallo stesso giorno parte il termine di prescrizione. Per i contributi non versati, il risarcimento è di 10 anni, ma la richiesta di vedersi accreditati presso la cassa previdenziale, i contributi mancanti scade in 5 anni. Anche lo stipendio non pagato o il TFR non concesso si prescrivono in 5 anni.

La stessa scadenza si applica alle richieste di risarcimento per le tre ultime buste paga e per il TFR, previste dal Fondo di Garanzia Inps, quello che si sostituisce al datore di lavoro insolvente e con procedura fallimentare in atto.

Diritti che decadono

Se la prescrizione è il termine entro il quale esercitare un diritto, la decadenza è il giorno in cui il diritto muore. Per impugnare un licenziamento ritenuto illegittimo, il lavoratore ha tempo 60 giorni. Rispetto alla prescrizione, l’istituto della decadenza non è fisso, ma può essere convenuto dalle parti in sede contrattuale. Necessario però che si seguano delle regole precise che non ledano il diritto di una delle due parti in sede di stipula. in casi particolari, per espressa decisione concordata, le parti possono eliminare il meccanismo della decadenza dal loro privato rapporto di lavoro.