I provvedimenti previsti all'interno dell'ultima legge di bilancio restano lontani dai proponimenti contenuti nell'accordo firmato tra governo e sindacati lo scorso settembre in merito alla cosiddetta Fase 2. È il senso di quanto spiegato nell'ultimo intervento di Ezio Cigna, responsabile del settore previdenza pubblica per la Cgil. Secondo il sindacalista, "le poche novità in materia di previdenza" fanno confermare il giudizio negativo, visto che non è stato portato avanti quanto previsto i merito alle Pensioni di garanzia per i giovani, al riconoscimento del ruolo delle donne e alla revisione completa dell'adeguamento all'aspettativa di vita.

Su tali argomenti, la Cgil esprime da tempo la ricezione ed il perseguimento di proposte insoddisfacenti. Tutto ciò si contestualizza in un quadro d'insieme nel quale le risorse investite per le nuove misure risultano, secondo il sindacato, addirittura più basse dei risparmi accumulati attraverso il mancato utilizzo dell'APE e della Quota 41 nel corso dell'anno passato.

La legge Monti - Fornero è stata un'enorme operazione di cassa

Non sono mancati poi dei riferimenti alla rigidità presente attualmente nel sistema previdenziale. Secondo quanto riportato dalla Cgil, la riforma Fornero causerà un prelievo di 80 miliardi di euro nel periodo che va dal 2012 al 2020, spostando in avanti i criteri di quiescenza in modo maggiore rispetto a quanto non sia avvenuto altrove in Europa.

Anche per questo il sindacato ritiene non solo urgente, ma anche sostenibile flessibilizzare gli attuali percorsi di accesso alla pensione pubblica. Cigna evidenzia quindi come insufficienti le categorie tutelate finora dall'applicazione del parametro dell'aspettativa di vita. Secondo i calcoli eseguiti dalla Cgil, i lavoratori che potranno beneficiare della nuova tutela non supereranno le 8mila unità annue.

Un numero che non può quindi essere considerato come sufficiente per risolvere il problema. Tutto ciò, senza nemmeno considerare l'impatto dell'adeguamento rispetto al valore dei futuri assegni, visto l'effetto negativo sui cosiddetti coefficienti di conversione del montante in rendita.

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