Nel 2018 le Pensioni di vecchiaia abbandonano la differenza di genere tra uomini e donne. Per tutti si va in pensione con 66 anni e 7 mesi di età uniti a 20 anni di contributi. Un primo passo verso lo scatto definitivo a 67 anni che nel 2019 sarà la soglia anagrafica utile per la pensione di vecchiaia Inps. Un’altra novità in vigore dal 1° gennaio e che l’Inps ha certificato con una recente circolare è l’aumento dell’età necessaria per l’assegno sociale, la pensione destinata a soggetti privi di contributi versati o che non arrivano ai 20 anni di anzianità contributiva minima prevista dall’ordinamento.

Anche l’assegno sociale, la prestazione previdenziale distaccata dai contributi o dall’anzianità di lavoro sale a 66 anni e 7 mesi. Esistono però altre vie di uscita per soggetti che non hanno i canonici 20 anni di contributi e sono misure ancora vigenti anche nel 2018.

Le deroghe Amato

In pensione con soli 15 anni di contributi anche nel 2018? La risposta è affermativa e richiama a vecchie misure che ancora oggi e per pochi mesi ancora, saranno sfruttabili. Si tratta di un’eccezione al requisito contributivo dei 20 anni richiesto per la pensione di vecchiaia e che deriva dalla Legge Amato e dalle sue tre deroghe. Sarà ancora possibile sfruttare la prima deroga se si sono centrate 780 settimane di contributi versati (15 anni) entro il 31 dicembre 1992.

Nello specifico va ricordato che sono validi tutti i contributi a qualsiasi titolo versati a nome del richiedente, anche i volontari, i figurativi e quelli da riscatto o versati in paesi con cui l’Inps ha stretto convenzione. Disco verde possibile per lavoratori dipendenti, anche ex Inpdad e lavoratori autonomi. Per la seconda deroga invece è necessario essere stati autorizzati alla prosecuzione volontaria dei versamenti da parte dell’Inps.

La data di autorizzazione però deve essere antecedente il 1° gennaio 1993. Basta essere stati autorizzati anche se non si è effettivamente versato alcun contributo volontario sempre che si siano raggiunti i 15 anni di contributi necessari.

C’è anche l’opzione Dini

Più particolare la terza deroga che è appannaggio solo dei lavoratori dipendenti del settore privato.

Servono 25 anni di anzianità assicurativa, cioè il primo contributo per lavoro versato deve cadere almeno 25 anni prima della data di pensionamento. A questo bisogna aggiungere la necessità di avere 15 anni di contributi esclusivamente da lavoro dipendente e almeno 10 di questi lavorati in attività saltuarie e discontinue per periodi inferiori alle 52 settimane lavorative all’anno. i periodi devono essere discontinui e pertanto non sono valide le annualità piene di assunzione dove però risultano versati contributi inferiori alle 52 settimane. Alle deroghe Amato si aggiunge anche l’opzione Dini, altra via di uscita con 15 anni di contributi. La prima differenza tra deroga Amato e opzione Dini è quella della penalizzazione di assegno che è nulla con lo scivolo Amato ma che compare con l’opzione Dini.

Via libera a chi ha meno di 18 anni di contributi dei quali il primo versato antecedentemente il 1° gennaio 1996 e ne possiede 5 dopo questa data.

I possibili beneficiari di questa misura però devono sapere che l’opzione è contributiva, cioè si deve accettare il fatto che la pensione è calcolata esclusivamente con quel sistema e non in base alle retribuzioni anche se come arco temporale dei versamenti effettuati si ricade nel più favorevole sistema misto. In definitiva si tratta di 4 possibilità che non anticipano la pensione rispetto all’età di uscita dei 66 anni e 7 mesi, ma che consentono di utilizzare contributi che non potrebbero venire utilizzati da soggetti a cui spetterebbe esclusivamente l’assegno sociale che dal 1° gennaio si centra alla medesima età della pensione di vecchiaia.