Anche la pensione di cittadinanza è entrata a pieno titolo nei dibattiti pre e post elettorali. Quello delle Pensioni è stato uno dei temi centrali della recente campagna per le elezioni politiche. Tutti i programmi elettorali avevano al loro interno un cospicuo capitolo dedicato alla riforma Fornero, da modificare per alcuni, da abolire completamente per altri. Non fa eccezione il Movimento 5 Stelle che, oltre al reddito di cittadinanza, propone l’innalzamento delle pensioni minime per i pensionati che vivono con assegni al di sotto della soglia di povertà.

La riforma delle pensioni secondo il Movimento 5 Stelle

Secondo quanto previsto dal programma che M5S intende, in quanto vincitore delle elezioni, mettere in atto, ad ogni pensionato dovrebbe essere garantito un assegno pari a quello che l’Istat ha stabilito essere il livello della soglia di povertà. Via libera, quindi, alle pensioni minime elevate a 780 euro per il pensionato che vive da solo e a 1.170 euro per una coppia di pensionati. Una vera e propria pensione di cittadinanza, quindi, che costituirebbe una integrazione degli assegni Inps sotto in 780 euro, in grado di garantire ai pensionati con gli assegni più bassi un tenore di vita dignitoso.

Non solo la pensione di cittadinanza nel piano pensioni di un ipotetico governo a 5 stelle ma anche il superamento, entro 5 anni, della legge Fornero, l’allargamento delle categorie dei lavori gravosi, la stabilizzazione di Opzione donna, quota 41 per i lavoratori precoci e l’estensione della quota 100 a tutti i lavoratori.

Un programma ambizioso che dovrebbe costare, secondo i calcoli, dai 16 ai 17 miliardi di euro da recuperare grazie all’imposizione di nuove imposte sul gioco d’azzardo e sulle banche e al taglio della spesa pubblica e ai finanziamenti per i giornali.

Intanto i pensionati fuggono all’estero

Mentre il dibattito sulle pensioni riempie le pagine dei giornali, sono stati diffusi i dati del Quinto Rapporto Itinerari Previdenziali che fa il punto sulle prestazioni pensionistiche Inps liquidate all’estero.

Secondo il rapporto, nel 2016 sono state oltre 370 mila gli assegni corrisposti fuori dall’Italia, dei quali oltre 59 mila frutto di contributi versati interamente in Italia.

Sono 59 mila, quindi, i pensionati nostri connazionali che hanno scelto di andare a godersi la pensione all’estero. Una scelta nella, maggior parte dei casi, dettata dal minor costo della vita e dal più favorevole trattamento fiscale dei paesi di destinazione.

Secondo la normativa vigente, infatti, il pensionato che risiede per oltre 6 mesi continuativi all’estero ha il diritto di richiedere all’Inps il versamento della pensione al lordo delle tasse per poter usufruire del trattamento fiscale più favorevole del paese di residenza. Il risultato sarà quello di una pensione netta più alta che, unita ad un costo della vita più basso, consente ai pensionati che optano per questa scelta un tenore di vita più alto di quello che potrebbero sostenere in Italia.