Da questo mese di luglio 2018, secondo quanto comunicato ufficialmente il 10 luglio 2018 dall'Inps con il messaggio n° 2791 viene recepito il termine della disciplina relativa alla Qu.i.r., la quota integrativa della retribuzione che, fino a questo momento, era erogata e, quindi, presente nella busta paga del singolo dipendente privato. In pratica, fino al 30 giugno 2018 i dipendenti del settore privato hanno avuto la possibilità di richiedere al proprio datore di lavoro, in via sperimentale, il versamento della quota maturanda del proprio TFR.

Questa integrazione dello stipendio mensile era riservata ai dipendenti impiegati da almeno 6 mesi in azienda.

I motivi dell'abolizione

Il messaggio dell'Inps chiarisce esplicitamente quali siano state le ragioni che hanno condotto all'abolizione dell'integrazione introdotta nel 2015 dall'allora Governo Renzi. In pratica, l'abolizione è stata dovuta alla mancata proroga delle disposizioni normative istitutive del provvedimento da parte dell'attuale Governo in carica. Di conseguenza, i datori di lavoro non saranno più obbligati ad erogare la quota maturanda del TFR ai propri dipendenti. E, nello stesso tempo, vengono, automaticamente, a decadere tutte le richieste fatte in questo senso da parte dei lavoratori.

La suddetta abolizione, specifica ancora il messaggio dell'Inps, fa decadere tutti gli obblighi contributivi e informativi previsti dalla "Circolare INPS del 23 aprile 2018 n°82". Disposizioni speciali, inoltre, vengono mantenute solo per quelle imprese che abbiano beneficiato del finanziamento della Qu.i.r. Rimangono in essere, comunque, degli obblighi per queste aziende.

Gli attuali obblighi dei datori di lavoro

Da un punto di vista strettamente contabile, i datori di lavoro che abbiano usufruito del finanziamento della Qu.i.r dovranno, fino a settembre 2018, valorizzare la posta di bilancio QuirFinLiquidata. Questo perché a settembre i corrispondenti valori dovranno essere denunciati all'amministrazione pubblica attraverso le dichiarazioni Uniemens.

Tale procedura è stabilita analiticamente proprio dalla Circolare Inps del 23 aprile 2018 n° 82, precisamente al paragrafo 8. Di fatto, con la presente abolizione della Qu.i.r. riprende vigore l'assetto precedente alla riforma introdotta dal Governo Renzi. Di conseguenza, la norma di riferimento, a cui i datori di lavoro dovranno uniformare i propri comportamenti, anche in relazione alle scelte di destinazione del TFR comunicate dai propri dipendenti, stabilisce gli obblighi informativi e contributivi relativi a tre aree principali. Queste sono la quota di accantonamento in azienda, se non è stato diversamente specificato dal lavoratore. Diversamente, il TFR dovrà essere versato al Fondo di Tesoreria dell'Inps o, in alternativa, ad un Fondo pensione scelto dal lavoratore.

Quando si può richiedere l'anticipo del TFR

Con il ritorno alla disciplina previgente è possibile, in alcuni casi specifici, chiedere l'anticipo della quota di TFR. Anche se, ovviamente, non mensilmente in busta paga. A richiedere l'anticipo, in base a quanto stabilito dall'articolo 2120 del Codice Civile, è il dipendente che presta servizio presso la stessa azienda da almeno 8 anni. Questi può chiedere che gli venga anticipato al massimo il 70% del TFR maturato fino a quel momento. Comunque, le motivazioni per cui è possibile effettuare questa richiesta al datore di lavoro sono fissate tassativamente. L'anticipo del TFR può essere richiesto per sostenere spese sanitarie impreviste e straordinarie, come, ad esempio, un intervento chirurgico urgente riconosciuto tale anche dalle strutture pubbliche.

Altra motivazione valida è l'acquisto della prima casa per sé o per i figli. La richiesta deve essere avvalorata presentando copia dell'atto notarile. E' possibile poi richiedere l'anticipo per congedi parentali legati ai bisogni della prole fino agli 8 anni d'età. Infine, può essere richiesto l'anticipo per esigenze di formazione professionale continua. D'altra parte, i datori di lavoro sono tenuti a soddisfare tali richieste entro precisi limiti. Cioè entro il massimo del 10% degli aventi titolo e del 4% del totale dei dipendenti. Comunque, è bene precisare che i singoli CCNL possono disporre diversamente. Come anche gli accordi intra- aziendali.