Il Governo del M5S e della Lega di Matteo Salvini sta preparando la riforma sulle Pensioni, con le uscite anticipate rispetto alla pensione di vecchiaia assicurate dalla quota 100 e dalla possibile proroga nel 2019 dell'opzione donna. Tuttavia, secondo quanto scrive il quotidiano specializzato Italia Oggi, i vantaggi delle misure che l'Esecutivo ha messo al centro della discussione per il superamento della riforma delle pensioni di Elsa Fornero, potrebbero non essere reali. Il nodo principale, infatti, riguarda il valore degli assegni di pensione di chi potrebbe scegliere di anticipare l'uscita dal mondo del lavoro: le misure potrebbero produrre, infatti, importi penalizzati.

A questi meccanismi si aggiungono le intenzioni di tagliare le pensioni d'oro, con le ipotesi che partono dalle decurtazioni minime ai danni delle pensioni sui 2.000 euro fino a quelle più consistenti per i mensili da oltre 4.000 euro e l'introduzione della pensione di cittadinanza da 780 euro mensili. Ma bisogna fare i conti anche con i mercati finanziari, le ammonizioni di Bruxelles e la stabilità del bilancio pubblico.

Quota 100 e quota 41 per i precoci: possibile uscita con pensione anticipata dal 2019

Il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio e la Lega di Matteo Salvini hanno messo nero su bianco che la riforma delle pensioni potrà essere attuata stanziando 5 miliardi a favore delle pensioni anticipate attraverso l'introduzione della quota 100 e la proroga dell'opzione donna.

In tal modo, si assicurerebbe quell'abolizione degli squilibri introdotta dalla riforma delle pensioni di Elsa Fornero di sette anni fa. A ben vedere l'opzione donna rappresenterebbe una riproposizione della misura di uscita delle lavoratrici a 57 o a 58 anni, già sperimentata più volte in questo scorcio di secolo. La possibilità di uscita a quota 100 dall'età di 64 anni (o, in alternativa, dai 65), purché si possano vantare tanti anni di contributi quanti ne necessitano per arrivare a cento, probabilmente accoglierebbe le necessità di pensione di una fascia di lavoratori molto più ampia.

Ma, al momento, ne resterebbero esclusi i lavoratori precoci che si attendevano la quota 41 senza i vincoli introdotti dai precedenti governi.

Requisiti quota 100 e proroga opzione donna per le pensioni anticipate

Quante possibilità ha l'attuale Governo di Giuseppe Conte di arrivare a tradurre in provvedimenti previdenziali le pensioni anticipate a quota 100 e la riproposizione dell'opzione donna?

La risposta l'ha data qualche giorno fa Matteo Salvini che ha dichiarato: "Il Governo sta già lavorando affinché venga mantenuto l'impegno di eliminare quell'infamia che è la legge Fornero, riforma capace di rovinare la vita a milioni di italiani". Addirittura il leader della Lega si è detto disposto a "fregarsene" nel caso in cui venisse imposto che la riforma delle pensioni, con quota 100 e opzione donna, non si potesse fare. Il riferimento è chiaramente alla stabilità dei conti del bilancio dello Stato e ai possibili moniti che potrebbero arrivare da Bruxelles. A tal proposito, il quotidiano economico avanza anche la convinzione che i soldi per la riforma delle pensioni non ci siano e che misure di questa portata potrebbero elevare la quota della spesa previdenziale fino al 20,5 per cento del Pil nel 2040 rispetto alla percentuale più recente, calcolata al 15,7 per cento del 2015.

Lo scenario ipotizzato da Italia Oggi prende in esame i mercati finanziari: fino a che punto questi ultimi sarebbero disposti a concedere credito affinché in Italia si possa realizzare la riforma delle pensioni con quota 100 e opzione donna, la pensione di cittadinanza, ma anche il pagamento degli aumenti degli stipendi degli statali, lasciando anche lo spread a livelli accettabili?

Riforma pensioni: uscita attuabile nel 2019 con quota 100 e opzione donna di M5S e Salvini

Le obiezioni provenienti dalle reazioni dei mercati finanziari e dalla stabilità dei conti pubblici sulla riforma delle pensioni di Di Maio e Salvini si sommerebbero, secondo il quotidiano economico, ai reali benefici delle uscite anticipate con quota 100 e opzione donna.

Sulla prima misura, l'ipotesi maggiormente realizzabile, ad oggi, è quella delle uscite a 64 o a 65 anni, non prima. Ma l'applicazione del sistema contributivo integrale alla quota 100 riproporrebbe il problema del ricalcolo degli assegni di pensione, con importi che andrebbero nettamente al ribasso. D'altra parte, la proroga dell'opzione donna, sempre in virtù del ricalcolo delle pensioni con il meccanismo contributivo, decurterebbero gli importi di circa un terzo rispetto al valore delle pensione di vecchiaia, almeno secondo quanto certificato dalle relazioni accompagnatorie alle precedenti leggi di Bilancio (o di Stabilità). E' vero, in ogni modo, che con l'opzione donna le lavoratrici potrebbero arrivare ad uscire prima dal lavoro anche di una decina di anni rispetto alla pensione di vecchiaia e che il ricalcolo verrebbe giustificato anche dal minor numero di anni di contributi.

Tutte considerazioni che le lavoratrici che richiedono la proroga dell'opzione donna hanno già sperimentato dalle colleghe uscite negli anni scorsi e che hanno già messo in preventivo in nome di una pensione sicura e ad un'età non troppo in avanti. E comunque, insieme all'altra misura, la quota 100, anche l'opzione donna dovrà essere finanziata dal Governo Conte.

Pensione di cittadinanza, uscita donne e ritorno alle quote: nodo risorse

L'ipotesi dei 4-5 miliardi necessari per la riforma delle pensioni con quota 100 e opzione donna pone dei punti interrogativi: dal taglio delle pensioni d'oro non si ricaverà molto (si è calcolato al massimo sui 500 milioni che, però, dovrebbero finanziare i nuovi posti di lavoro).

E anche sul taglio degli assegni c'è da considerare il rischio del giudizio della Corte Costituzionale. Quella che, per il 2019, rimane l'ipotesi meno realizzabile, secondo Italia Oggi, rimane la pensione di cittadinanza di 780 euro. Oltre alle risorse necessarie per realizzare questo meccanismo che implicherebbe anche il sistema gemello, il reddito di cittadinanza, l'aumento di oltre 300 euro mensili rispetto alle pensioni minime attuali creerebbe un buco nel monte-contributi e, anche, un'elusione al principio secondo il quale le pensioni sono versate in base ai versamenti fatti nell'età lavorativa.