Da un lato i conti sul numero delle nuove Pensioni anticipate dei lavoratori, dall'altro lato sulle coperture necessarie per realizzare il piano della sperimentazione triennale voluta dal Governo. È nell'equilibrio tra queste due operazioni che si gioca la partita del Governo in merito alla riforma del settore previdenziale. D'altra parte, il decreto legge con il quale si dà il via libera alle nuove uscite anticipate tramite la quota 100 (oltre alla proroga dell'APE sociale e dell'opzione donna) è stato approvato solo nella giornata di ieri da parte della Ragioneria dello Stato e attende ancora la firma del Capo dello Stato e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Tutto ciò a controprova del fatto che la ricerca della quadra non è stata affatto semplice, visto che ci troviamo ormai alla fine del mese di gennaio. Resta il fatto che l'operazione appare complessa, dato che basta dare una lettura generale sui numeri per mettere a fuoco la situazione.

Pensioni anticipate e Quota 100: verso 290mila prepensionamenti in più rispetto alla legge Fornero

Il numero che salta immediatamente all'occhio nell'esame del provvedimento di flessibilizzazione del sistema previdenziale è quello delle potenziali uscite che si aggiungono ai pensionamenti maturati in via ordinaria con le regole della legge Fornero. Si tratta di 290mila lavoratori in più nel 2019, di cui circa 123mila nel pubblico impiego.

Il conteggio è effettuato sulla platea di coloro che raggiungono i requisiti di legge, ovvero 62 anni di età e 38 anni (fissi e considerati come vincolo minimo) di contribuzione. Le stime dei costi vedono invece una previsione di picco per il 2021, dove si raggiungerà la cifra di circa 9 miliardi di euro, per poi scendere negli anni successivi.

La relazione tecnica associata al cosiddetto "decretone" valuta infatti gli effetti di lungo termine del provvedimento su base decennale, evidenziando che nel 2028 i costi scenderanno ad 1,8 miliardi di euro.

La sperimentazione triennale delle uscite flessibili e l'obiettivo della quota 41

A porre parziale rimedio rispetto alle preoccupazioni di spesa vi è il metodo scelto dal Governo per avviare la flessibilità previdenziale.

La quota 100 avrà infatti valenza triennale sotto forma di sperimentazione, in modo da poter valutare anno su anno il peso sui conti pubblici. Vi è da dire al riguardo che si tratta di un'opzione volontaria e pertanto la platea potenziale non corrisponderà necessariamente a quella effettiva. Oltre a ciò, l'esecutivo ha già spiegato di voler proseguire dal 2022 con un'opzione diversa e slegata totalmente dal parametro anagrafico, dando seguito alla quota 41 per tutti. Nel frattempo le risorse utili per poter rendere sostenibile la misura sono state trovate anche attraverso operazioni ad hoc, a partire dal taglio alle pensioni più alte fino all'aumento del peso impositivo sul gioco d'azzardo. Sullo sfondo resta poi la garanzia del monitoraggio mensile dei flussi di pensionamento da parte dell'Inps, che potrebbe far scattare un aggiustamento automatico da parte dell'esecutivo nel caso in cui i limiti di spesa venissero superati.