Le differenze di genere restano tra i temi più dibattuti rispetto alla riforma del sistema previdenziale ed alla necessità di flessibilizzare le regole decise nell'ormai lontano 2011 con la legge Fornero. Per questo motivo si discute da tempo di come valorizzare l'attività di cura svolta dalle donne, che spesso per questo motivo si trovano con vuoti nei versamenti o comunque con dei buchi nel proprio estratto conto contributivo.

Pensioni flessibili e Q100, verso emendamento per le mamme

Stante la situazione appena delineate, il Governo si starebbe muovendo in tal senso al fine di riconoscere un bonus alle donne con figli dal punto di vista della valorizzazione contributiva.

Nella pratica, la Lega sta pensando di garantire 4 mensilità per ogni figlio tramite un emendamento alla riforma previdenziale, con un tetto massimo di 12 mensilità. In questo modo, si pensa di poter ampliare la platea delle lavoratrici in grado di accedere alle nuove Pensioni anticipate tramite quota 100. Mentre le mamme con figli disabili potrebbero beneficiare di un ulteriore agevolazione contributiva.

La situazione previdenziale delle donne e l'iniquità della riforma

Nelle scorse settimane le parti sociali hanno sottolineato in più occasioni il fatto che le donne risultino penalizzate dalla recente riforma del sistema previdenziale, perché difficilmente in grado di maturare i requisiti di accesso alle nuove misure.

Le richieste di accesso alla quota 100 da parte delle donne sono poco più di un quinto rispetto al totale, evidenziando così la difficoltà di maturare il requisito contributivo dei 38 anni di versamenti. L'alternativa resa disponibile con la recente legge di bilancio è la proroga dell'opzione donna, che abbassa il vincolo dei versamenti fino alla soglia dei 35 anni di contribuzione, ma al prezzo di un deciso taglio dell'assegno.

Il ricalcolo contributivo non prevede infatti l'integrazione al minimo e può comportare una perdita rispetto al calcolo ordinario fino al 30% dell'importo. Per alcune il meccanismo si traduce in assegni di poche centinaia di euro al mese, che verrebbero erogati dopo una vita di lavoro ed in situazioni di disagio nella prosecuzione dell'attività.

Anche per questo i sindacati hanno bollato come "del tutto insufficienti" le misure pubblicate in Gazzetta Ufficiale rispetto alle reali esigenze della platea femminile. Per capire se la situazione potrà effettivamente avere una svolta positiva, non resta quindi che monitorare l'andamento della discussione parlamentare per la conversione del cosiddetto decretone in legge, nella speranza che i correttivi in corso possano effettivamente mitigare le differenze di genere presenti nelle nuove opzioni di quiescenza.