Arriva la proposta della Cgil sulla pensione a 66 anni di età, con 42 anni di contributi e un assegno mensile di 1.000 euro. E' su queste basi che si batterà il sindacato per la riforma delle Pensioni dal momento che le previsioni sulle pensioni future, soprattutto su quelle delle giovani generazioni, vedranno requisiti di uscita sempre più al rialzo, in primo luogo dei contribuenti che non possano avvalersi di versamenti costanti durante la vita lavorativa. L'allarme della Cgil, dunque, non riguarda solo i lavoratori in prossimità della pensione, ma anche l'area grigia dei quarantenni di oggi che potrebbero dover attendere fino all'età di 73 anni per uscire da lavoro.
Pensioni anticipate e pensione di vecchiaia: ultime notizie oggi sulle proposte di riforma
Lo studio del sindacato Cgil sulle pensioni parte dall'analisi della carriera lavorativa dei contribuenti: chi ha avuto anni lavorativi discontinui, ovvero lavori saltuari o part-time, rischia di dover rimandare l'uscita per la pensione rispetto a quella che è l'età prevista attualmente (o secondo le normali regole) per le pensioni anticipate e per quelle di vecchiaia. L'allontanamento dell'età di chi è oggi in procinto di andare in pensione (ammortizzato solo in parte dalle misure di pensione anticipata a quota 100 o di uscita con opzione donna) potrebbe inevitabilmente diventare costante per i contribuenti che ricadano nel sistema interamente contributivo, ovvero che abbiano iniziato a lavorare (e a versare anche i contributi) a partire dal 1° gennaio 1996.
Inoltre, proprio l'assegno di pensione calcolato interamente con il metodo contributivo sarebbe di appena poche centinaia di euro: considerando gli aggiornamenti delle età di uscita per la pensione di vecchiaia, nel 2035 si andrà in pensione a poco meno di 70 anni, esattamente a 69 e, con un ammontare di anni di contributi minimi di 20 anni, si avrà una pensione mensile di poco più di 687 euro.
Pensioni anticipate contributive: aumento requisiti riforma Fornero, le simulazioni
L'alternativa alla pensione di vecchiaia è rappresentata dalla pensione anticipata "contributiva", uscita che garantisce ai lavoratori post-1995 l'uscita a partire dagli odierni 64 anni (salvo gli aggiornamenti di età previsti nel tempo dalla riforma delle pensioni Fornero) ma con molteplici paletti.
Primo tra tutti, almeno 20 anni di contributi ed una pensione futura di tre volte l'importo minimo di quella sociale (ad oggi, dovrebbe essere di almeno 1.282 euro). Prendendo in esame ancora il 2035 e considerando gli aggiornamenti contributivi, serviranno non meno di 44 o di 45 anni per andare in pensione anticipata ad un'età che, nel frattempo, dai 64 anni si è elevata a 66. Carriere discontinue, periodi di buchi lavorativi, lavori saltuari o part-time determineranno assegni di pensione da fame. Dall'esempio del sindacato, una colf che abbia iniziato a lavorare a 30 anni nel 2014 e con un reddito sotto gli 8.000 euro annui, andrà in pensione a 73 anni nel 2057, al termine di 43 anni lavorativi e con un assegno di 265 euro mensili.
Da questa analisi la Cgil lancia la proposta di una pensione contributiva "di garanzia" che consenta l'uscita con un assegno di 1.000 euro mensili a 66 anni e con 42 anni di contributi. Nei contributi, però, dovranno essere inclusi i periodi di stage, gli anni di assistenza ai familiari e quelli spesi per la ricerca del lavoro.