Continua il dibattito sulla riforma delle Pensioni anticipate a quota 100 e sulle possibili alternative di uscita dei lavoratori per il prossimo anno. Le ipotesi sul tavolo dei due partiti di Governo, il M5S e il Partito democratico, tuttavia, non sono al momento convergenti. Tanto è vero che, nella giornata di ieri, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro in un'intervista al Corriere della Sera, ha escluso che le pensioni a quota 100 (e il reddito di cittadinanza) possano essere cancellate o fortemente riformate. Non si è fatta attendere la risposta di Dario Stefano che, a Radio Cusano, ha spiegato che il Pd non intende continuare con le pensioni a quota 100, ma destinarne le risorse ad altre formule di pensionamento.
Tra l'una e l'altra posizione si fanno strada varie ipotesi, tutte sul tavolo, al momento segreto, del Pd e del M5S: la prima riguarderebbe un restyling delle pensioni anticipate a quota 100, una sorta di rimodulazione che ne abbassi il numero delle uscite. Inoltre, si punterebbe alla proroga delle uscite con opzione donna anche per il 2020, oltre a uno strumento sul quale punta il Partito democratico, le pensioni di garanzia. Per il resto, rimarrebbero le precedenti formule di pensionamento, anticipato e di vecchiaia, legate ai requisiti della riforma Fornero.
Pensioni anticipate uscita quota 100: ultime notizie oggi su riforma e possibile addio quota 41 dal 2022
Più nel dettaglio, rimane per ora il nodo delle limature alle pensioni anticipate con quota 100.
La misura che permette ai lavoratori di andare in pensione all'età di 62 anni con 38 anni di contributi potrebbe essere rimodulata in corsa, dato che la sperimentazione terminerà il 31 dicembre 2021. Sul tavolo dei lavori dei due partiti di Governo, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, rimangono due alternative: la prima è un "intervento di manutenzione" già a partire dal 2020, ovvero una limatura in senso restrittivo dei requisiti di uscita che possa circoscrivere la platea dei contribuenti interessati all'uscita con il meccanismo delle quote.
La seconda ipotesi, che potrebbe essere complementare alla prima, è rappresentata dalla scadenza: anticipare di un anno, al 31 dicembre 2020, il termine della sperimentazione delle pensioni a quota 100 anziché attenderne la naturale scadenza. Sul punto si è espresso in questi giorni anche Andrea Brambilla, ex sottosegretario al Welfare dei primi anni 2000, secondo il quale la quota 100, già dal prossimo anno, dovrebbe mostrare un interesse molto inferiore dati i tagli sull'assegno di pensione dei lavoratori ricadenti nel sistema previdenziale misto.
Per Brambilla il numero delle uscite con quota 100 nel 2020 non dovrebbe andare oltre alle 50 mila. Entrambe le ipotesi, in ogni modo, portano alla conclusione che il vecchio progetto di riforma delle pensioni ideato dalla Lega di Matteo Salvini e dal M5S nel programma del precedente Governo per superare la legge Fornero, andrà integralmente riscritto. Con buona pace dei lavoratori che attendevano l'introduzione della quota 41 per tutti a partire dal 2022.
Pensione anticipata: oltre quota 100, ipotesi uscita opzione donna e pensioni di garanzia
La riforma delle pensioni che uscirà dalla legge di Bilancio 2020, al di fuori delle ipotesi sulle uscite anticipate a quota 100, potrebbe contenere la possibilità di prorogare ulteriormente l'opzione donna.
Dopo la conferma della legge di Bilancio 2019, che sta permettendo quest'anno alle lavoratrici di andare in pensione con 35 anni di contributi e all'età di 58 anni (59 per le lavoratrici autonome), il termine della sperimentazione potrebbe essere spostato ulteriormente di dodici mesi, probabilmente con qualche ritocco dato che le neopensionate, allo stato attuale della sperimentazione, rinunciano ad una larga fetta del proprio assegno di pensione (calcolato in circa un terzo del mensile). Infine, il Pd spingerebbe al'introduzione della pensione di garanzia dei giovani: fu una delle misure proposte nella campagna elettorale delle elezioni politiche del 2018 e prevedeva che ai contribuenti con almeno venti anni di contributi fosse garantita una pensione di non meno di 750 euro mensili.
Il meccanismo di lievitazione dell'assegno pensionistico ipotizzava di far aumentare di 15 euro al mese la pensione per ogni anno in più di contributi versati fino ad arrivare ad un massimo di 1.000 euro.