Tommaso Nannicini, senatore e membro della Commissione Lavoro e Previdenza sociale, è intervenuto sugli emendamenti presentati al Parlamento riguardanti le modifiche delle Pensioni nella legge di Bilancio 2020, in particolare sulle pensioni anticipate con uscita a partire dai 62 o 63 anni relative a quota 100, all'anticipo pensionistico, ai precoci con quota 41 e all'opzione donna. Il primo chiarimento arriva su quelle che saranno le mosse del Governo sulle pensioni: non si tratterà di una riforma ma, essenzialmente, di correttivi inerenti a misure previdenziali già in vigore e che riguarderanno, più nello specifico, il rinnovo dell'Ape social e della quota 41 dei precoci, nonché la proroga al 2020 dell'opzione donna per i requisiti maturati nel 2019 prendendo le risorse necessarie da capitoli di risparmi provenienti dalle minori domande pervenute quest'anno per quota 100.

Proprio su quest'ultimo meccanismo pensionistico, Nannicini è stato chiaro: "E' inutile presentare tanti emendamenti in Parlamento che non avranno speranza di passare solo per agitare bandierine politiche e non per portare a casa dei risultati". Le priorità degli emendamenti, dunque, riguardano l'allargamento delle uscite relative alla pensione anticipata a partire dai 63 anni con possibile riduzione a 62 anni dell'Ape sociale e il restyling dei requisiti richiesti ai precoci per la quota 41. Si punta a realizzare, in altre parole, l'uscita a quota 92 per determinate categorie.

Riforma pensioni anticipate: poche ipotesi quota 100, si lavora per uscita a 62 anni e quota 92

Mettendo in secondo piano le ormai difficili modifiche delle uscite con quota 100, un primo gruppo di emendamenti già presentati e che potrebbero arrivare all'approvazione del Parlamento nella Manovra 2020 riguarda principalmente le uscite a 63 anni con l'Ape social e i precoci con quota 41 per i lavoratori che provengano da lavori con contratti a tempo determinato.

Il miglior risultato che si possa ottenere per queste due categorie è la possibilità di estendere il limite attuale dei 36 mesi dall'ultimo contratto scaduto a tempo determinato estendendolo a 48 mesi e, alternativamente, l'altro requisitio relativo agli ultimi tre anni secondo il quale è necessario aver lavorato per almeno 18 mesi con contratto a tempo determinato.

Quest'ultimo requisito potrebbe essere abbassato a 12 mesi allargando la platea dei richiedenti le due misure. Dunque per l'accesso alle pensioni anticipate con Ape social e con la categoria dei precoci con quota 41, se dovessero passare i relativi emendamenti, sarà sufficiente aver avuto negli ultimi quattro anni un contratto di lavoro a tempo determinato della durata di dodici mesi, successivamente non rinnovato.

La possibilità di uscita anticipata sarebbe offerta a tutti i lavoratori, dipendenti ed autonomi, che abbiano i requisiti di accesso all'Ape social (età minima di 63 anni e 30 anni di contributi per i contribuenti disoccupati o 36 anni per i lavoratori gravosi, con invalidità di almeno il 74% o contribuenti che si occupino, da almeno 6 mesi, di un familiare disabile) o ai precoci che abbiano almeno 41 anni di contributi dei quali, secondo le leggi in vigore, almeno uno versato prima del diciannovesimo anno di età.

Pensioni anticipate: ultime novità oggi su precoci quota 41, opzione donna e quota 92

L'altro emendamento sull'estensione delle pensioni anticipate riguarda, più concretamente, i lavoratori rimasti disoccupati con uscita a partire dai 62 anni nell'ottica della realizzazione della quota 92.

L'emendamento enunciato da Nannicini riguarda i lavoratori della stessa età minima di quota 100, potenziali beneficiari sia dell'Ape social che della misura dei precoci con quota 41, che siano rimasti disoccupati e che non percepiscano alcun ammortizzatore sociale che faccia da ponte nei cinque anni di attesa per la pensione di vecchiaia a 67 anni. L'abbassamento dell'età di uscita rispetto all'Ape social (da 63 a 62 anni unitamente ad almeno 30 anni di contributi per la realizzazione della quota 92, 28 di versamenti per le donne che abbiano almeno due figli e quindi si potrebbe parlare di quota 90) sarebbe accompagnata da uno snellimento dei requisiti richiesti, attualmente, per le due misure: secondo quanto prevede l'emendamento presentato in Parlamento sarebbe sufficiente provare il proprio stato di disoccupazione e non percepire alcun ammortizzatore relativo alla propria condizione lavorativa per rientrare, a seconda del canale di appartenenza, nell'Ape social o nei precoci con quota 41.

Proprio su quest'ultima misura si procederebbe, non essendo prevista un'età minima ma solo una contribuzione richiesta di 41 anni, ad eliminare alcuni paletti, ma non tutti, per favorire l'uscita del lavoratore precoce che si trovi nella condizione di disoccupazione. Si tratterebbe di un primo passo nella richiesta della categoria della "quota 41 per tutti" che, tuttavia, per la piena realizzazione necessiterebbe di svincolare gli ulteriori requisiti (non da ultimo, l'anno di contributi richiesto prima dei 19 anni di età) in comune con l'Ape social.