Tra i numerosi rebus che il Governo giallorosso dovrà risolvere nel 2020 c'è anche quello riguardante la riforma delle Pensioni e, in modo specifico, il dopo quota 100 per le uscite a partire dal 1° gennaio 2022. Infatti, il termine della sperimentazione della misura introdotta da Matteo Salvini e Luigi Di Maio nell'operato del primo Governo Conte è fissato al 31 dicembre dell'anno prossimo: il dibattito tra gli esperti di pensioni è aperto su come si possa evitare il nuovo scalone previdenziale che escluderebbe dall'uscita a 62 anni, in presenza di 38 anni di contributi, i contribuenti che dovessero maturare i requisiti non in tempo per il termine della sperimentazione.
Evitare nuovi casi di esodati sarà uno degli obiettivi dell'attuale Governo nei prossimi due anni e le alternative ad oggi messe tra le ipotesi percorribili sono un mix di meccanismi tra la stessa quota 100 e il potenziamento di altre misure attualmente in vigore come l'Ape social.
Riforma pensione anticipata: ultime novità oggi sul dopo quota 100 dal 2022
Se il Movimento 5 Stelle, per bocca del suo capo politico Luigi Di Maio, ha sempre escluso la possibilità che le pensioni anticipate a quota 100 potessero terminare la sperimentazione prima del 31 dicembre 2021, il PD non fa mistero di prediligere il potenziamento dell'Ape social, meccanismo di uscita introdotta proprio negli anni scorsi dai governi dem per permettere l'uscita anticipata dai 63 anni con almeno 30 o 36 anni di contributi, a seconda che il richiedente sia un disoccupato, un invalido o un caregiver oppure si tratti di un lavoratore impiegato in mansioni gravose.
Proprio Marco Leonardi, già consigliere economico dei governi presieduti da Renzi e Gentiloni e adesso al Ministero del Tesoro con Gualtieri, ha da tempo lanciato la proposta di potenziare l'Ape social rendendola, peraltro, strutturale. Rispetto alla misura attualmente in vigore, l'età di uscita dovrebbe rimanere quella attuale oppure aumentare a 64 anni, garantendo un risparmio in termini di anni di lavoro rispetto alla pensione di vecchiaia pari a tre o a quattro anni.
Tuttavia, il potenziamento delle uscite a 63 anni garantirebbe due strategie: da un lato l'invocata flessibilità, intesa come possibilità di uscita scegliendo alternative differenziate in base alla situazione sociale ed economica del richiedente; dall'altra, invece, si introdurrebbe un meccanismo strutturale inteso a tutelare le fasce più deboli, ampliate con la riforma.
Pensione anticipata: da quota 100 all'Ape social, ipotesi di uscita con il contributivo dai 63 anni
Tuttavia, le ipotesi di riforma delle pensioni anticipate a quota 100 e dell'Ape social hanno in comune un modello di calcolo della futura pensione simile a quello attualmente applicato all'opzione donna, ovvero il ricalcolo interamente con il meccanismo contributivo. Particolare, quest'ultimo, che fa storcere il naso ai sindacati con i quali il Governo Conte dovrà confrontarsi sui tavoli della riforma previdenziale proprio a partire da questo mese di gennaio. La stessa quota 100, rivista con due anni in più nell'età di uscita (64 anni anziché 62), lasciando inalterati gli anni richiesti di contributi a 38 (da qui la riforma della quota 102), oppure abbassandoli a 36, negli studi fatti al Cnel da esperti quali, tra gli altri, Tiziano Treu, Cesare Damiano, Alberto Brambilla e lo stesso Marco Leonardi, verrebbe rivista convenendo sulla necessaria flessibilità in uscita, raggiungibile grazie alla rinuncia di una parte dell'assegno del futuro pensionato.
Taglio che, per l'appunto, sarebbe garantito dal ricalcolo contributivo. In più, l'uscita a partire dai 63 anni dell'Ape social rivista dovrebbe ripartire da dove, secondo Leonardi, M5S e Lega si sono fermati nella riforma delle pensioni adottata alla fine del 2018 con quota 100, ovvero dalla Commissione sui lavori gravosi. Proprio sulle attività faticose ha fondato la sua battaglia negli ultimi anni Cesare Damiano: in sostanza, alle 15 attività definite gravose e incluse tra quelle che danno diritto all'Ape social, la Commissione dovrebbe dare un parere sulla possibilità di includerne altre. È il caso, ad esempio, della scuola dove dall'ultima riclassificazione delle attività gravose sono stati compresi i maestri di asilo nido e della scuola dell’infanzia, ma ne risultano esclusi tutti gli altri docenti.