La crisi economica innescata dall'emergenza sanitaria si rifletterà nel 2020, e anche nei prossimi anni, sull'andamento delle Pensioni Inps: molti lavoratori potrebbero essere disposti ad accettare le penalizzazioni in termini di importo degli assegni previdenziali previste da quota 100 e dalle altre formule di uscita anticipata perché una rendita decurtata è meglio di una "rendita zero". Ma questo meccanismo rischia di mettere a dura prova il sistema delle pensioni nel quale, proprio a causa della crisi economica in atto, sempre meno cittadini versano contributi.

L'inversione di tendenza arriva, inaspettata, dopo alcuni anni di indici positivi in termini di occupazione e di uscita ritardata da lavoro che avevano permesso di allentare i vincoli della riforma delle pensioni di Elsa Fornero. I percorsi di uscita previdenziali del 2020, secondo l'esperto di Welfare Alberto Brambilla, potrebbero segnare un cambio di direzione rispetto alle previsioni fatte sulla quota 100 e sulle altre misure di pensione anticipata a fine 2019.

Pensioni anticipate Inps, ultime novità di oggi su previsioni 2020 di quota 100 e opzione donna

Quota 100 con uscita a partire dai 62 anni, opzione donna, Ape social, quota 41 per i lavoratori precoci con almeno un anno di lavoro prima dei 19 anni di età hanno consentito, nel 2019, l'uscita da lavoro a 264.765 persone oltre alle 107 mila che sono hanno beneficiato della pensione anticipata con circa 43 anni di contributi versati.

Numeri elevati di pensionamenti Inps supportati, in ogni modo secondo Itinerari Previdenziali - l'Istituto del quale ne è presidente lo stesso Brambilla - da un andamento dell'economia che ha permesso di allentare i vincoli della riforma Fornero. Infatti nel 2018, anno che ha preceduto l'entrata in vigore della quota 100, per ogni lavoratore che andava in pensione si contavano 1,45 persone attive sul lavoro, il tasso di occupazione totale era pari al 58,5% e gli occupati salivano a 23,2 milioni (23,4 nel 2019).

Numeri che hanno permesso di aumentare il numero dei pensionati nello scorso anno (a 16 milioni e 250 mila) con un anticipo medio rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni di due anni (escludendo l'opzione donna).

Pensioni: nel 2020 e 2021 erano previsti meno lavoratori in uscita con quota 100

È altrettanto vero che i numeri raggiunti con le pensioni anticipate a quota 100 nel 2019 non sarebbero stati raggiunti nel 2020, almeno se si considerano le previsioni.

Infatti, le domande di uscita della misura, nel corrente anno e nel 2021, avrebbero dovuto ridursi a non più di 50.000 unità per anno, in conseguenza del maggior peso del sistema contributivo Inps delle pensioni e dell'assegno calcolato in base ai contributi (sistema misto, in attesa dei lavoratori che dai prossimi anni usciranno con il meccanismo contributivo integrale) per buona parte dei richiedenti che nelle tornate della quota 100 del 2019 hanno potuto beneficiare ancora del sistema retributivo. Coerentemente a questo scenario, le uscite a 62 anni del 2020 e del 2021, per completare il triennio di sperimentazione della misura, avrebbero comportato una riduzione permanente dell'assegno di pensione di circa il 10% in applicazione del 65% del calcolo contributivo delle future pensioni.

Alle penalizzazioni contributive si aggiunge anche il divieto di cumulo dei redditi previsto dalla quota 100, ovvero l'impossibilità di lavorare (se non per lavori autonomi e meramente occasionali nel limite dei 5.000 euro annui), fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia dei 67 anni. Anche l'altra misura di uscita reintrodotta nel 2019, l'opzione donna, era stimata in diminuzione rispetto alle 17.943 donne andate in pensione nello scorso anno: anche per questa misura il ricalcolo contributivo comporta un taglio dell'assegno che può arrivare fino a circa un terzo rispetto al mensile calcolato in base al sistema originariamente di appartenenza, misto o retributivo.

Pensioni ai tempi di Covid-19: più uscite anticipate, opzione donna e quota 100

Lo scenario che ha permesso di modificare in parte le regole del pensionamento è andato in crisi con l'emergenza sanitaria da Covid-19. È in peggioramento il rapporto tra le entrate dei contributi e la spesa per le pensioni (Itinerari previdenziali prevede un disavanzo di 41 miliardi a fronte dei 21 del 2019), è in perdita il Pil ed è in aumento il debito pubblico (nell'ipotesi in cui l'epidemia avesse avuto fine il 20 maggio 2020, si stimava un aumento a 2.460 miliardi, 100 in più rispetto alle attese senza Covid) e aumento del rapporto debito/Pil al 153,7%. Ma, a fronte della pesante situazione occupazionale, già in flessione da dicembre scorso, e dei conti pubblici, molti lavoratori rimasti senza lavoro e senza ammortizzatori sociali saranno spinti a chiedere di andare in pensione alla prima data utile.

Meglio una prestazione ridotta, come la quota 100 con il calcolo contributivo all'età di uscita di 62 anni che non avere entrate. È dunque attendibile, secondo i calcoli di Brambilla, che nel 2020 ci sia un'impennata di circa 160 mila nuovi pensionati, con uscita anticipata media di oltre tre anni (rispetto ai due del 2019), gran parte dei quali avrebbero avuto convenienza - e in molti casi preferito - a continuare a lavorare in vista di un assegno di pensione più alto.