Quanto si può anticipare, rispetto alla pensione di vecchiaia e alla quota 100, con la quota 41 e quanto si perde di assegno mensile per i minori contributi versati se non si arriva all'età di 67 anni per l'uscita da lavoro? A queste domande ha risposto Progetica con uno studio in merito alle varie modalità di uscita da lavoro con le Pensioni in vigore per tutto il 2020 e che, secondo le previsioni della legge di Bilancio 2021, permetteranno ai lavoratori di andare in pensione al raggiungimento dei requisiti minimi anche nel prossimo anno. In particolare, la quota 41, misura alternativa per i lavoratori precoci alla quota 100, è stata messa sotto la lente di ingrandimento per i contribuenti nati tra il 1956 e il 1990: si può arrivare fino a un'uscita anticipata di due anni e sette mesi ma con una perdita del mensile del 10%.
Pensioni anticipate con quota 41, quanto si esce prima rispetto alla pensione di vecchiaia e quota 100
In linea generale, chi ha iniziato a lavorare troppo tardi, a 28 anni, non avrebbe alcun vantaggio dalle pensioni anticipate a quota 41, in qualunque anno sia nato: troppo vicina la pensione di vecchiaia a 67 anni, salvo gli aggiornamenti dell'età di uscita dovuti alla maggiore speranza di vita, per poter avere un vantaggio in termini di anticipo di uscita da lavoro. Hanno più speranze di anticipare l'uscita i lavoratori che hanno iniziato a contribuire entro i 22 o non oltre i 25 anni. Per i nati dal 1956 al 1960 gli effetti della quota 41 risultano azzerati, a meno che il primo lavoro non sia iniziato ad età adolescenziale.
Ma, in questo caso, la platea si è pressoché azzerata per le uscite già registrate negli ultimi anni. Per i nati nel 1960 e nel 1961, l'anticipo con la quota 41 rispetto alla pensione di vecchiaia può arrivare a un anno e dieci mesi. Infatti, se consideriamo un lavoratore nato nel 1960 che ha iniziato a lavorare a 22 anni (1982), con i 41 anni di contributi andrebbe in pensione nel 2023, con un anno e dieci mesi in meno di lavoro rispetto alla pensione anticipata dei 42 anni e dieci mesi di versamenti e circa quattro anni prima della pensione di vecchiaia di fine 2027 (considerando gli aumenti dell'età di uscita per la speranza di vita).
Meno bene andrebbe a chi ha iniziato a lavorare a 25 anni: in questo caso il risparmio si fermerebbe a un anno e cinque mesi. A fronte dell'anticipo di uscita, gli anni di minore contribuzione si rifletterebbero sull'assegno mensile di pensione: per chi ha iniziato a lavorare a 22 anni il taglio sarebbe del 5%, per chi ha iniziato dopo si arriva al 6%.
Pensione anticipata a quota 41, taglio assegno mensile con uscita prima da lavoro
Più vantaggi dalle pensioni anticipate a quota 41 li avrebbero i nati negli anni successivi: per i classe 1962, con inizio del lavoro entro i 22 anni, la pensione con 41 anni di contributi scatterebbe con un anticipo di un anno e undici mesi (uscita nel 2025) rispetto alla pensione anticipata (un anno e sei mesi per chi ha iniziato a lavorare entro i 25 anni). Più accentuata la perdita di pensione mensile che si assesterebbe, in entrambi i casi, al 6%. Chi è nato dopo avrebbe maggiori possibilità di andare in pensione prima con la quota 41, anche se il taglio rispetto alla pensione di vecchiaia è più ampio: per i nati nel 1964, 1966, 1968, 1970, 1980 e 1990 che abbiano iniziato a lavorare entro i 22 anni, con la quota 41 si risparmierebbero, rispettivamente, due anni (un anno e sette mesi per chi ha iniziato a lavorare entro i 25 anni di età), due anni e un mese (un anno e otto mesi), due anni e due mesi (un anno e nove mesi), due anni e tre mesi (un anno e dieci mesi), due anni e due mesi e due anni e sette mesi, il maggiore anticipo di questa misura di pensione anticipata.
A fronte dell'anticipo, tuttavia, corrispondono tagli che vanno dal 7% per i nati nel 1964, all'8% per i nati nel 1966 e 1968, al 9% per i nati nel 1970 e 1980 al 10% per i nati nel 1990. La quota 41 non avrebbe alcun effetto vantaggioso per i chi abbia iniziato a lavorare a 25 anni e sia nato nel 1980 e nel 1990 e, in generale, per chi abbia avuto una carriera lavorativa segnata da periodi di discontinuità.