Tra le ipotesi di riforma delle pensioni e per il dopo quota 100, al tavolo delle trattative tra governo e sindacati si sta facendo strada la possibilità di rafforzare alcuni istituti di uscita anticipata già esistenti che permetterebbero di lasciare il lavoro con cinque o sette anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia. Si tratta dello strumento dell'isopensione e del meccanismo dei contratti di espansione, sui quali il governo potrebbe decidere di destinare parte delle risorse, circa 200 milioni di euro secondo le ultime indiscrezioni, del pacchetto da destinare alla legge di Bilancio 2021 al capitolo Pensioni.

I due strumenti attenzionati permetterebbero da un lato il prepensionamento dei lavoratori arrivati alla soglia o sopra i 60 anni, dall'altro la staffetta generazionale invocata dai sindacati per l'occupazione delle fasce giovani della popolazione.

Pensioni anticipate: uscita a 60 anni con l'isopensione, da 62 anni con i contratti espansione

I due strumenti di scivolo, l'isopensione e i contratti di espansione, rappresenterebbero l'alternativa di pensione anticipata rispetto alla quota 100, ma richiederebbero la collaborazione delle imprese nella messa in pensione dei propri dipendenti più anziani. I contratti di espansione, già previsti dal decreto "Crescita" del 2019 e finanziati per il 2020 con oltre 70 milioni di euro, rientrano nel piano di riorganizzazione delle aziende che abbiano almeno 1.000 dipendenti.

Tuttavia, tra le ipotesi allo studio dei tecnici del governo, il limite dei dipendenti aziendali potrebbe essere dimezzato a 500, con anticipi coperti da contribuzione figurativa piena e due anni di disoccupazione Naspi. L'anticipo massimo, attualmente previsto, è di cinque anni: in tal caso, l'uscita rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia verrebbe anticipata a 62 anni.

Qualche novità sul tavolo dei sindacati è presente per le pensioni anticipate di questo strumento: ad oggi l'anticipo dei cinque anni viene applicato ai contributi versati e, pertanto, dai 42 anni e dieci mesi richiesti si scenderebbe a 37 anni e dieci mesi (36 anni e dieci mesi per le lavoratrici). Le ipotesi contemplate nel tavolo di riforma delle pensioni aumenterebbero, limitatamente alle anticipate, a 36 mesi la Naspi, finanziata dal governo per alleviare di due anni (nel caso di pensione di vecchiaia) e di tre anni (per i prepensionamenti) l'onere dello scivolo ricadente sulle imprese.

Pensioni anticipate in collaborazione con le imprese per la riforma della quota 100

Il meccanismo dei contratti di espansione permetterebbe ai lavoratori di andare in pensione a partire dalla stessa età (62 anni) prevista per la quota 100 o, in alternativa, con un numero di anni di contributi leggermente inferiore (37,10 o 36,10 per le donne) rispetto ai 38 anni richiesti per la misura in vigore dal 2019. Rispetto all'ipopensione e alla stessa quota 100, i contratti di espansione rappresentano uno strumento differente: infatti le imprese dovranno impegnarsi nel formare e nell'assumere i nuovi dipendenti, in linea con il proprio piano di ristrutturazione aziendale, favorendo il ricambio generazionale nel mondo del lavoro.

Tuttavia, anche sull'isopensione il governo sta facendo dei ragionamenti: gli anni di anticipo salirebbero a sette rispetto alla pensione di vecchiaia invece di quattro (dunque, l'uscita riguarderebbe già i neosessantenni) e con la possibilità di prevedere accordi sindacali che includano il ricorso alla Naspi, per questo strumento limitato a 24 mesi, in modo da facilitare le aziende nei primi due anni di prepensionamento dei dipendenti.

Pensioni anticipate, quota 41 precoci e opzione donna: le ultime novità di oggi

Quello che il governo si appresta a varare nella legge di Bilancio 2021 è un pacchetto di interventi su misure già esistenti ma rafforzate. Escludendo la quota 100 che nel 2021 vivrà l'ultimo anno di sperimentazione e per la quale sono state già destinate risorse nel triennio 2019-2021, l'arrivo degli scivoli rafforzati dei contratti di espansione e dell'isopensione sarà affiancata dalla conferma dell'opzione donna per le lavoratrici dai 58 anni di età con ricalcolo contributivo dell'assegno e dell'Ape social, misura già in vigore dal 2017 che permette l'uscita anticipata dai 63 anni di età a favore di categorie economiche e sociali svantaggiate.

Negli ultimi giorni si è fatta strada anche l'ipotesi di allargare la quota 41 dei lavoratori precoci, non nel senso del "liberi tutti" dall'anno di versamento richiesto entro i 19 di età, ma di eliminare i vincoli (fermo restando i 41 anni di contributi richiesti) a favore delle categorie "fragili", come i malati oncologici o cardiopatici.