Dopo la proposta del presidente dell'Inps Pasquale Tridico, la riforma delle Pensioni che il governo si appresterà a varare nella legge di Bilancio 2022 potrebbe includere un nuovo canale di uscita anticipata a 63 o 64 anni di età unitamente a 20 anni di contributi minimi. Tuttavia, uscire dal lavoro per andare in pensione con qualche anno di anticipo riserverà un taglio dell'assegno mensile: Tridico ha spiegato, già nei mesi scorsi, che la decurtazione deriverebbe dall'anticipo mensile della pensione calcolata con il metodo contributivo. Solo nel momento in cui il contribuente dovesse maturare i requisiti per la pensione di vecchiaia (essenzialmente il parametro anagrafico dei 67 anni soggetto agli adeguamenti della speranza di vita), allora l'assegno pensionistico si arricchirebbe anche dei contributi pagati e rientranti nel metodo retributivo.

Proprio questo metodo ingloberebbe anche la quota dei contributi versati nel sistema misto che, nel giro di qualche anno, riguarderà la maggior parte dei lavoratori che andranno in pensione.

Pensioni con uscita 5 anni prima rispetto all'anzianità contributiva o vecchiaia: quanto convengono

Tra le misure di pensione anticipata che probabilmente rimarranno in vigore anche nel 2022 rientra l'uscita dei contratti di espansione. Si tratta di un meccanismo previdenziale, introdotto già nel 2019, che permette ai lavoratori di anticipare l'uscita da lavoro di 5 anni. L'obiettivo dello sconto dei 5 anni può essere la pensione di vecchiaia (uscita a 62 anni anziché a 67), oppure la pensione anticipata (37 anni e 10 mesi di contributi anziché 42 anni e 10 mesi).

Molto probabilmente anche il contratto di espansione rientrerà tra le misure di pensione anticipata che il Draghi riproporrà nella legge di Bilancio, forse anche con un allentamento ulteriore dei requisiti aziendali (includendo anche le imprese da 50 addetti in su) dopo i benefici attuati con la legge di Bilancio 2021 e il decreto Sostegni bis.

Pensioni anticipate di 5 anni e proposta Inps: flessibilità in uscita per i nati intorno al 1960

Già negli ultimi mesi l'Istituto Progetica aveva messo a confronto le due pensioni prendendo a riferimento i nati nel 1960 che sono i lavoratori più prossimi all'uscita. Tuttavia le misure riguarderebbero anche i nati negli anni immediatamente precedenti data la flessibilità in uscita.

L'ipotesi pensionistica rilanciata proprio in questi giorni da Tridico alla Commissione Lavoro della Camera (ribattezzata come "Ape contributiva") era stata studiata prendendo i 62 anni come età di riferimento per l'uscita al pari del massimo che si può ottenere dal contratto di espansione con obiettivo dello sconto sulla pensione di vecchiaia. In attesa che il governo possa identificare l'età minima per accedere alla pensione proposta dal presidente Inps (che davanti alla Commissione Lavoro ha parlato di 63-64 anni), lo studio fatto da Progetica evidenzia come le pensioni del contratto di espansione risultino più convenienti tra le due formule di uscita.

Pensioni anticipate con proposta Inps e contratto di espansione: quale conviene di più

Nelle simulazioni sono state prese in esame le alternative di pensione di un lavoratore nato nel 1960, che ha iniziato a lavorare nel 1985, con un reddito attuale di 1.800 euro mensili. Considerando un'età della pensione di vecchiaia di 67 anni e due mesi (per l'adeguamento alla speranza di vita), lo scenario che si presenterebbe al lavoratore sarebbe quello di scegliere un'uscita a 62 anni con il nuovo canale proposto da Tridico che gli permetterebbe un assegno di 847 euro mensili fino a quando non avrà l'aggiunta della quota retributiva a 67 anni, o un trattamento di pensione di 1.118 euro del contratto di espansione.

In entrambi i casi, rispetto alla pensione di vecchiaia che si avrebbe a 67 anni e due mesi di 1.434 euro, almeno per tutto il periodo di anticipo si avrà un assegno di pensione nettamente più basso, ma quello derivante dalla proposta Tridico risulterebbe oltremodo dimezzato. In entrambi i casi, sia per la proposta Inps che per il contratto di espansione, al compimento dell'età della vecchiaia l'assegno salirebbe a 1.253 euro netti per 13 mensilità che, rispetto ai 1.434 euro della pensione dei 67 anni, sarebbe giustificato dal minor numero di anni di contributi versati e dall'applicazione di un coefficiente di trasformazione più basso in corrispondenza dell'età anticipata di uscita.