Potrebbero ammontare a 5 miliardi di euro le risorse che il governo stanzierebbe per la riforma delle Pensioni nella legge di Bilancio 2022. Come evidenziato nei giorni scorsi dai sindacati e dal Parlamento, le sole pensioni agevolate dell'Ape sociale potrebbero non bastare per assicurare l'uscita a categorie di lavoratori che necessitano di lasciare il lavoro in anticipo. Ecco, dunque, che tra le ipotesi sul tavolo di Draghi potrebbe farsi strada una canale di pensione anticipata a 62-63 anni, uno nuovo. La metà delle risorse che il governo stanzierà nella Manovra 2022 potrebbe, invece, essere assegnata agli aumenti delle pensioni nell'ambito della consueta rivalutazione al costo della vita.

Pensioni, un nuovo canale per evitare di tornare alla riforma Fornero: uscita a 62-63 anni

Più nello specifico, in tema di riforma delle pensioni, la maggioranza parlamentare ha inviato un'esplicita richiesta a Draghi in occasione del parere sulla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza del 6 ottobre scorso. Nella richiesta si parla di introdurre, nella legge di Bilancio 2022, disposizioni, "anche a carattere transitorio", volte a garantire a specifiche platee di lavoratori la pensione anticipata con requisiti ridotti rispetto a quelli decreti dalla riforma Fornero e contenuti nella legge numero 201 del 2011. L'invito al governo sembra voler aprire un varco sulle varie opzioni di uscita anticipata attualmente esistenti - rispetto alle quali l'Ape sociale sarebbe da considerare solo come un potenziamento dei requisiti odierni di uscita - e instradare un meccanismo in più che consenta ai lavoratori di poter andare in pensione a 62 o a 63 anni.

Una versione di pensione anticipata che, tuttavia, sarebbe parimenti selettiva, come avviene attualmente per l'Ape sociale o per la quota 41 dei lavoratori precoci.

Pensioni, quali categorie potrebbero beneficiare del nuovo canale di uscita a 62-63 anni

L'invito a Mario Draghi da parte della Commissione Lavoro sull'ipotesi di istituire un nuovo canale di uscita per le pensioni del 2022 potrebbe includere determinate categorie di lavoratori o settori che dovrebbero però accettare la riduzione dell'assegno pensionistico proporzionalmente al numero di anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia dei 67 anni.

Rimarrebbe, dunque, da individuare le categorie che potrebbero beneficiare di questo nuovo canale di uscita anticipata. Un'opzione in più che, a questo punto, esisterebbe in parallelo rispetto ai requisiti già richiesti per l'Ape sociale. Infatti, dalle prime voci che circolano in merito al nuovo canale delle pensioni, l'opzione alternativa potrebbe essere riservata ai lavoratori fragili o a quelli impegnati in attività gravose (come auspicato dal Pd), probabilmente a vantaggio di chi non raggiunga i requisiti richiesti per andare in pensione con l'Ape sociale.

Diventa pertanto ipotizzabile che molti dei lavoratori impiegati in attività gravose e prossimi all'uscita non riescano ad arrivare, anche di poco, ai requisiti richiesti per l'Ape sociale. La misura attuale, nello specifico della mansione, richiede che - oltre ai 36 anni di contributi - siano stati impiegati nell'attività gravosa 6 degli ultimi 7 anni, o 7 degli ultimi 10, o metà della carriera lavorativa.

Riforma pensioni, allo studio anche gli aumenti degli assegni mensili di pensione

La sollecitazione arrivata dalle forze politiche del Parlamento, tuttavia, potrebbe non essere l'unica novità in materia previdenziale prima che venga varata la legge di Bilancio 2022. È possibile che i lavori sulla riforma delle pensioni possano aprirsi la prossima settimana, o al massimo la successiva, per risorse da assegnare quantificabili tra i 4 e i 5 miliardi di euro.

Peraltro, le risorse che verranno iscritte a bilancio alla voce pensioni dovrebbero riguardare anche gli aumenti previsti per la rivalutazione degli assegni del 2022. Su questo capitolo è necessario attendere i dati Istat relativi all'andamento dell'inflazione e del consuntivo di fine anno per indicizzare gli aumenti sulle sei fasce previste. Aumenti che, negli scorsi anni, si traducevano in pochi euro in più al mese di pensione ma per i quali il governo potrebbe impegnare la metà dei 4-5 miliardi di euro previsti per il capitolo delle pensioni.