È pressing dei sindacati sul governo per la riforma delle Pensioni. Le sigle convergono sull'uscita flessibile a partire dai 62 anni di età o con 41 di contributi per "scegliere liberamente" qual è l'uscita più conveniente al contribuente. O l'uscita, per l'appunto, più flessibile. I sindacati sono stati ascoltati nella giornata del 7 ottobre dalla Commissione Lavoro della Camera, impegnata a sua volta a sintetizzare le varie ipotesi di riforma al fine di presentare una proposta convergente a Draghi entro la fine del 2021. Se da un lato, infatti, il governo è alle prese con la legge di Bilancio 2022, dall'altro il Parlamento punta a riprendere la scena della riforma delle pensioni per l'approvazione definitiva della Manovra economica.

Riforma pensioni, ultime novità sulla legge di Bilancio 2022: le risorse in Manovra

Ma potrebbero rivelarsi poche le risorse che il governo impegnerà nella legge di Bilancio 2022 per la riforma delle pensioni. Dalle ultime indiscrezioni, la cifra potrebbe variare tra i due e i tre miliardi di euro. In un contesto politico nel quale la bilancia del Parlamento pende più verso le richieste dei sindacati di una maggiore flessibilità in uscita, il ministro dell'Economia Daniele Franco ha ribadito nei giorni scorsi che quella delle pensioni è una "delle questioni aperte" e che verrà affrontata nella legge di Bilancio 2022. Tuttavia, proprio della questione previdenziale non se ne fa cenno nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza.

Franco ha cercato di tranquillizzare il Parlamento spiegando che "si fa riferimento a qualche possibile utilizzo" degli spazi fiscali disponibili, ma quella del Ndef non è necessariamente una lista esaustiva. Tuttavia, i sindacati sono concorsi nel ritenere il rafforzamento dell'Ape sociale e l'allargamento delle categorie delle mansioni gravose insufficienti per una riforma strutturale e flessibile delle pensioni.

Pensioni anticipate con quota 41 o a 62 anni di età: la richiesta ferma dei sindacati

Tuttavia, l'intervento dei sindacati Cgil, Cisl e Uil dell'altro ieri nella Commissione Lavoro fa emergere l'urgenza di sapere cosa avverrà al termine della sperimentazione delle pensioni con quota 100 a fine dicembre 2021. Nell'audizione alla Camera, le sigle hanno portato all'attenzione l'esigenza di "riportare l'equilibrio sociale" nell'assetto delle pensioni, tramite una "rivisitazione complessiva" dal momento che rimangono ancora 200mila lavoratori che ricadono interamente nel retributivo.

Roberto Ghiselli della Cgil, a nome della piattaforma unitaria delle sigle sindacali, ha indicato l'introduzione della "flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 (quota 41) anni di contributi a prescindere dall'età" come la soluzione per risolvere i problemi derivanti dalla mancata previsione di una riforma unitaria, strutturale e certa per i lavoratori impiegati nel mondo del lavoro da decenni. Su questo punto, i sindacati tornano a chiedere l'apertura di un tavolo al governo, denunciando che sia grave "che questo non sia ancora avvenuto".

Pensioni, con la flessibilità a 62 anni si esce prima solo con opzione donna o anticipata di 42 anni e 10 mesi

Quello della flessibilità in uscita è un tema ricorrente nelle richieste dei sindacati e delle parti sociali al governo per la riforma delle pensioni.

I 62 anni di età per i sindacati rappresentano il limite al di sopra del quale continuare a lavorare rappresenta una scelta del contribuente, non una condizione per arrivare ai requisiti della pensione. "Limiti così elevati sono comprensibili se associati a una possibile uscita con un'età più bassa, come opzione donna o pensione anticipata, ma non possono essere la condizione di anticipo per un'età superiore ai 62 anni", ha detto Ghiselli in audizione. E con i 62 anni di età, il relativo requisito dei contributi deve rimanere a 20 anni, come quello della pensione di vecchiaia.