Oltre tre mesi di stop nelle trattative tra governo e sindacati sulla riforma delle Pensioni del 2023 hanno fatto riemergere il problema del "dopo quote" e del ritorno integrale ai vincoli di uscita della Fornero se non si dovesse intervenire per tempo. Finita il 31 dicembre scorso la sperimentazione della quota 100 e in attesa del termine al 31 dicembre 2022 dell'attuale quota 102, il governo dovrà mettere mano alla legislazione sulle pensioni per evitare che le vie di uscita dal lavoro ordinarie diventino le uniche, ovvero la pensione di vecchiaia a 67 anni e le pensioni anticipate con 42 anni e 10 mesi di contributi versati.
Oltre alle misure riservate a platee ristrette di lavoratori, come opzione donna e Ape sociale - peraltro non ancora rinnovate per l'anno 2023 - il nodo principale è quello di chi ha intorno ai 40 anni di contributi versati. Senza la proroga della quota 102, i lavoratori interessati non avrebbero alcuna misura pensionistica paracadute, seppure praticabile solo a specifiche condizioni. E, proprio nei giorni scorsi, è tornato a farsi sentire sulla questione Matteo Salvini che ha rilanciato la quota 41 per tutti.
Pensioni, prima della riforma, fino a luglio 2022 Draghi impegnato nel decreto 'Aiuti' in difesa dei pensionati dall'inflazione
Prima di tornare al tavolo di riforma delle pensioni per il 2023, il governo di Mario Draghi sarà impegnato in misure a favore dei pensionati per difendere il valore dei propri trattamenti previdenziali dall'inflazione.
Il decreto "Aiuti", che dovrebbe entrare nel vivo intorno al 20 giugno nelle Commissioni per ottenere il via libera definitivo dalla Camera entro il 16 luglio 2022, prevederà misure a difesa del valore delle pensioni aggredite dall'inflazione scaturita dalla guerra in Ucraina. È questo il cavallo di battaglia dei sindacati che, tuttavia, chiedono di far ripartire il confronto con il governo sulla riforma delle pensioni per il prossimo anno.
L'obiettivo è quello di evitare di tornare integralmente alle regole della legge Fornero di fine 2011. Una prospettiva che è assolutamente da scongiurare anche per Matteo Salvini che, proprio nei giorni scorsi, è tornato a proporre la quota 41 in sostituzione dell'attuale quota 102. E alla Lega ha risposto Forza Italia per bocca del coordinatore degli azzurri, Antonio Tajani, che ha affermato: "Meglio allora quota 104".
Riforma pensioni, Forza Italia risponde a Salvini proponendo la quota 104
In attesa della riapertura del confronto tra governo e sindacati sulla riforma delle pensioni, dunque, Salvini punta al suo vecchio cavallo di battaglia, la quota 41. La misura, già nelle intenzioni del leader della Lega del primo governo Conte, avrebbe dovuto sostituire, come conseguenza del meccanismo previdenziale, la quota 100 al termine della sperimentazione triennale, ovvero dal 1° gennaio 2022. Non se ne fece nulla, anche per la caduta del primo governo Conte, ma l'allargamento della quota 41 a tutti i lavoratori che abbiano accumulato 41 anni di contributi senza ulteriori paletti adesso torna come alternativa in vista della fine di quota 102.
Per Tajani, invece, è necessario "dare vita a una riforma che tuteli i lavoratori ultrasessantenni ma anche i lavoratori giovani". Da questo punto di vista, la quota 104 rilanciata dal coordinatore di Forza Italia andrebbe a collocarsi come soluzione di mezzo tra l'età di uscita a 64 anni, indicata come base di partenza di varie ipotesi di riforma delle pensioni, e i 40 anni di contributi necessari per totalizzare la quota e per venire incontro a chi rimane escluso dall'attuale quota 41.
Riforma pensioni, anche per i sindacati dal 2023 uscita a 62 anni o con quota 41
Peraltro, il confronto tra governo e sindacati sulla riforma delle pensioni da adottare nella legge di Bilancio 2023 si preannuncia particolarmente difficoltoso, oltre che acceso, per via della recente bocciatura di Bruxelles dell'attuale quota 102, oltre che della precedente quota 100.
Al momento sembrerebbe che il governo di Draghi stia dando la precedenza a dossier ritenuti più urgenti, come il conflitto in Ucraina. Ma la partita per evitare il ritorno alle regole della riforma Fornero è apertissima, anche per l'insistenza dei sindacati a scegliere due canali di pensione anticipata: età di uscita flessibile a 62 anni o quota 41.