L'ultima nata dalle mani del francese Sebastien Beaupère è riuscita a distinguersi nell'universo delle cafè racer, uno scenario vario e complesso dove le personalità forti non mancano. Quello delle cafè racer è un mondo fatto di troppa ostentata personalità e personalizzazione. Ogni motociclo deve necessariamente essere distinto dagli altri. Ognuno con il suo carattere. Come spesso accade, però, tra il dire e il fare… Diverse moto finiscono, quindi, per assomigliarsi. Alcune sembra di averle già viste. Altre mancano di lasciare il segno. Sembra quasi che sellino in pelle e manubri inclinati verso il basso non siano motivati che da un mero spirito di appartenenza a qualcosa che non si è ancora bene capito e che poco, di fatto, appartiene realmente.

La prima impressione che si ha guardando la BMW R90S di Beaupère è che lei non abbia bisogno degli altri. Non si riesce a pensarla insieme alle altre sorellastre, impilata in una fila più o meno lunga di veicoli, posteggiata in qualche raduno. No. Sarà colpa del faro, ma quell'unico occhio rimanda a certi lupi solitari, al lupo guercio di Zanna Bianca, di Jack London. Sarà, ma quel faro, quell'unico faro montato in basso a sinistra la rende sbilanciata, squilibrata, asimmetrica, in altre parole "unica". La puzza di benzina, l'aria da tirare. Di colpo si ritorna indietro di 50 anni e più. Riviene in mente la moto di Steve McQueen ne "La grande fuga". Anche se in quel caso si trattava di una Triumph TT 650, il faro anteriore sembra identico.

Una moto con pochi fronzoli. Ma quei pochi che ha sono stati curati in modo maniacale. Come il serbatoio, disegnato dall'esperto Karl Heinrich. Uno che ha disegnato serbatoi per BMW (raffreddate ad aria) dagli anni sessanta fin agli ottanta.

Più di qualcosa non torna.

Il motore è noto, il boxer della R90S. La moto è una R90S del 70, ma il telaio è di una R50 di un decennio prima. La chiave di lettura, a nostro avviso, è proprio questa. Non si riesce a darle una connotazione temporale. Potrebbe appartenere a qualunque epoca motociclistica. Gli ammortizzatori a stantuffo richiamano il secondo conflitto mondiale, la sella, con quell'incavo di recente matrice "ciclistica" riporta ai giorni d'oggi, così come ai nostri tempi riportano i colori rossi dei cablaggi delle candele sui cilindri.

Le gomme, a bilanciare l'ingombro sterico dell'imponente serbatoio e montate su cerchi scuri, sono delle Avon Mk2. Freni a disco anteriori e posteriori a tamburo. Springer è infine la forcella. Singolare come, per via del telaio anni cinquanta, le sospensioni posteriori si trovino in corrispondenza del mozzo della ruota.