Fca e Psa sono stati tra i protagonisti assoluti di questo marzo 2019. Non solo perché al Salone di Ginevra hanno presentato alcuni dei modelli più ammirati dagli addetti ai lavori, ma soprattutto per i rumors che hanno fatto parlare di alleanza tra i due gruppi. Effetti in borsa positivi ce ne sono stati, ma ora le indiscrezioni del Wall Street Journal inducono a considerare un brusco stop della trattativa, che avrebbe dato vita a un colosso dell'auto dal valore di borsa di 40 miliardi di euro, capace di competere con Volkswagen, General Motors e Renault Nissan in termini di volumi.
Se nelle scorse settimane si era registrata una apertura della famiglia Peugeot all'operazione di fusione, magari scambiando pacchetti azionari per poi ottimizzare le sinergie industriali, dagli Usa arrivano ricostruzioni secondo le quali John Elkann e la famiglia Agnelli più in generale, detentori del 30% di Fca, avrebbero già bocciato il matrimonio. Ora i due gruppi automobilistici restano attivi nella ricerca di partner capaci di migliorare le condizioni di mercato e finanziarie, ma le ragioni del rifiuto di Fca appaiono fondate.
Troppe sovrapposizioni in Europa tra Psa ed Fca
Secondo il Wall Street Journal, la famiglia Agnelli si sarebbe opposta all'operazione per la sovrapponibilità di modelli e impianti in Europa: Peugeot, Citroen, Opel e FIAT sono marchi che fanno buoni volumi soprattutto nel Vecchio Continente.
Hanno numerosi impianti di produzione, dunque una razionalizzazione di piattaforme, motori e componenti andrebbe a scapito dei lavoratori, in mercati nei quali i profitti non sono altissimi. Da attenzionare, inoltre, la condizione di Opel, acquisita da Psa dopo decenni di bilanci in rosso. Vero è che Opel ha reso profitti già nel 2018, ma i numeri del marchio tedesco sono da riconfermare nel 2019.
Un identikit dell'alleato perfetto per Fca
Terzo motivo che ha portato al gran rifiuto è la presenza, nell'azionariato di Psa, dei cinesi di Dongfeng: finché negli Stati Uniti ci sarà l'amministrazione Trump, i cinesi saranno osteggiati nel mercato auto statunitense, dove Fca è il quarto costruttore automobilistico grazie ai brand Jeep, Dodge, Ram e Chrysler.
Questo è un fattore alla base di un altro rifiuto di Fca, quello esercitato contro il gruppo cinese Geely quando Sergio Marchionne era ancora in vita. Ciò autorizza a pensare che, nella ricerca dell'ennesimo partner, la nazionalità avrà un peso paragonabile a quella della accessibilità a nuovi mercati: l'identikit dell'alleato perfetto per Fca è quello di un costruttore forte in Asia, ma non cinese.