Josè Bergoglio, neoeletto papa col nome di Francesco I: chi è davvero? Il suo fare modesto e vicino alle masse lascia presagire un nuovo Woytila, ma il suo passato è torbido e vicino alle dittature. Nei primi anni settanta, all'età di 36 anni, divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Secondo quanto riportato dal  giornalista argentino Horacio Verbitsky  nel libro L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, palese sarebbe stata all'epoca dei fatti la vicinanza tra il novello papa e la dittatura vigente.





Durante gli anni settanta l'ordine gesuita era molto attivo nella baraccopoli di Buenos Aires. A questo proposito Verbitsky racconta un episodio inquietante:  nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono. La reazione di Bergoglio fu forte: non solo escluse i due gesuiti dalla compagnia, ma fece pressioni  sull'arcivescovo di Buenos Aires affinchè togliesse loro anche l'autorizzazione a celebrare messa. Stando alla ricostruzione di Verbitsky i due sacerdoti in questione hanno dichiarato di esser stati rapiti da dei militari pochi giorni dopo il golpe e di essere stati rinchiusi nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma) per essere sottoposti a mesi di sevizie in quanto indicati dallo stesso Bergoglio come sovversivi.

I due vennero rilasciati solo dopo l'intervento della Santa Sede.



A queste accuse Francesco I si è difeso dichiarando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era stata fatta nell'interesse dei due sacerdoti poichè, vista la situazione, non erano al sicuro. Iniziò così un botta e risposta che è andato avanti per anni e che Verbitsky ha riportato fedelmente.

Successivamente padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì allora spontaneamente come intermediario, ma l'istanza fu respinta. Non fu un caso: dagli archivi del ministero degli Esteri sono emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti.



Infatti, in una nota apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. La nota si conclude con la firma e la raccomandazione dello stesso Bergoglio affinchè l'istanza venga respinta.



Un altro documento evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: “Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase”.

È il documento classificato Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9. Nel libro di Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista argentino e il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare le prove che ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti – affermò l’arcivescovo – tra l’altro perché no ho mai creduto che lo fossero”.





Tuttavia… Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene.

Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”.



A testimonianza della  sua vicinanza alla politica, l'attività svolta nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento, legata al nazionalsocialismo.Quando ricoprì il ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro.

Controllo che terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo.



Secondo la testimonianza dell'autore dunque, la personalità che emerge dal passato di questa figura all'apparenza così semplice e benevola è tutt'altro che tale: la sua vicinanza alla politica in particolare non può non suscitare preoccupazione in paese così dissestato politicamente.