Venticinque anni fa moriva Enzo Tortora e fra un mese, esattamente il 17 giugno, saranno trenta anni dal suo arresto, nel 1983. Tortora venne accusato ed infamato. Le accuse riguardarono i reati di detenzione, spaccio, uso di droga ed addirittura affiliazione alla Camorra.
Il suo calvario giudiziario ed umano fu lungo e contribuì di certo alla morte prematura. Come fu possibile che un uomo perbene venne così triturato dal sistema giudiziario? Purtroppo non solo ciò è ancora possibile, ma è anche in atto: di persone che dopo decenni di carcerazione vengono assolti sono piene le patrie galere, essendo in Italia le garanzie costituzionali carta straccia.
Il caso Tortora fu determinato da un enorme errore giudiziario. Tra i suoi accusatori ci fu il camorrista Pandico, uno schizofrenico che diceva di essere il braccio destro di Cutolo. Soltanto al suo quinto interrogatorio (venne interrogato ben diciotto volte) si "ricordò" che Tortora era un camorrista. Un altro accusatore di Tortora fu Barra, che in carcere uccise Turatello e ne addentò le interiora. Dopo di loro due tante altre accuse vennero da altri quindici "pentiti". Tutti queste accuse però arrivarono dopo che si era già diffusa attraverso i media la notizia del suo arresto. Come fu possibile che dei criminali di tal fatta furono considerati attendibili e le loro menzogne furono ritenute da un potere dello Stato più vere della parola di un uomo onesto?
Al momento dell'arresto di Tortora nel 1988 non c'era uno straccio di vera prova. Prima dell'arresto non ci fu nessuna seria indagine di polizia. Le forze dell'ordine non lo pedinarono per coglierlo sul fatto o comunque per vedere con chi intrecciava relazioni. Se fosse realmente stato uno spacciatore o addirittura un appartenente alla Camorra ciò sarebbe stato il minimo di un'indagine tesa a smascherarlo. Ed invece, senza neppure cercare prove, venne chiamato "cinico mercante di morte". Fu pure accusato di aver rubato i fondi destinati ai terremotati dell'Irpinia.
La reazione di Tortora a tutto ciò fu energica e coraggiosa, nonostante il normale scoramento in un simile frangente. Raccolse tutte le sue energie e si batté per fare in modo che tutto ciò che egli stesso subì non fosse più possibile. La sua lotta fu radicale. Da liberale, infatti, incontrò il Partito Radicale di Pannella, che lo scelse come suo presidente. Ecco le parole dello stesso Tortora: "Sono stato liberale perché ho studiato, sono diventato radicale perché ho capito". Nelle liste del PR venne eletto con 451 mila preferenze al Parlamento Europeo. Si dimise da tale incarico per potersi spogliare completamente dell'immunità parlamentare e così farsi nuovamente arrestare e difendersi nel processo.
Quando fu accertata la verità e Tortora fu assolto da queste infamanti accuse nessuno dei suoi accusatori pagò per le calunnie. I magistrati che lo condannarono fecero pure carriera.
Ecco cosa ha dichiarato la figlia Silvia Tortora, all'Adnkronos: "Il mio dispiacere è che a 25 anni di distanza l'Italia non ha fatto un centimetro in avanti e che la vicenda giudiziaria di cui è stato vittima mio padre si può ripetere e si ripete". Ha anche aggiunto: "Credo che gli italiani abbiano tutti gli elementi per giudicare sia la carriera professionale di mio padre, perché faceva una tv che resta ineguagliata e a cui si ispira ancora il meglio della televisione di oggi, sia la sua triste vicenda giudiziaria. Ma chi ha voglia di comprendere ha in Enzo un esempio talmente limpido e luminoso da oscurare completamente chi lo utilizza a sproposito".