Crisi economica e lavoro che scompare, questa la tendenza che viene confermata dai dati sull'occupazione, con più 260.000 disoccupati nel 2013 rispetto all'anno precedente, dato che porta al 16,8% il totale dei senza lavoro (disoccupazione estesa +0,2% nel 2013), dati ufficiali che comprendono gli scoraggiati che non cercano più il lavoro e i lavoratori in cig.

La spese delle famiglie si stanno riducendo ogni mese che passa, rinunciando quasi a tutto ciò che viene ritenuto non indispensabile, tagliando spese un po' in tutti i settori: tra quelli più colpiti l'abbigliamento, ma anche il settore viaggi, perde anche la grande distribuzione fatta eccezione per gli hard discount, i quali vedono dei leggeri incrementi.

Nulla di buono fino ad oggi con scoraggiamento e pessimismo generalizzati, il che non aiuta certo ad uscire dal pantano, con carrelli della spesa sempre più leggeri.

La disoccupazione non accenna a diminuire, le aziende non assumono o chiudono, quelle che possono fuggono dall'Italia e quelle che resistono sono alla canna del gas sommerse di balzelli e tasse che le stanno letteralmente annientando. Difficile pensare che il nuovo governo con la bacchetta magica possa cambiare a breve questa situazione: le aziende italiane non ripartono semplicemente cambiando qualche regola, non funziona così, un'azienda riparte se ha le commesse e queste non sono abbastanza.

La politica di austerità, parola folle come chi la chiede, non farà mai ripartire l'economia, il primo emettitore di soldi in circolo è sempre stato e sempre sarà lo Stato.

Se lo Stato taglia da tutte le parti, non solo gli sprechi che in un paese normale non dovrebbero neppure esserci, e con questa scusa quindi non investe anzi elimina servizi spesso essenziali, la ripresa non ci potrà essere, di conseguenza continuerà la depressione economica, altre aziende chiuderanno ed altri disoccupati si aggiungeranno alle liste.

Le ricette sono semplici, ma difficili da attuare in contesto socio-economico dominato da politiche transnazionali, ove, in altre parole, non si comanda più in casa propria.