In due articoli precedenti ho cercato di sottolineare l'importanza del gioco sia per gli adulti e sia, naturalmente, per i bambini e i ragazzi.

Nel proporre dei giochi, però, bisogna evitare una forte competitività, affinché il gioco non diventi un'occasione per alimentare l'ansia o l'invidia né occasione di litigio o di aggressività. Anche nei giochi in cui esiste une certa competitività bisogna valorizzare non la gara o il contrasto tra compagni, ma il fine collettivo che si vuole raggiungere.

Quando noi presentiamo i giochi, dobbiamo far comprendere che si sta giocando insieme e non l'un contro l'altro; bisogna far capire che l'importante non è vincere ad ogni costo ma giocare con i compagni.

Solo se si fa ben comprendere questo, i giochi assumeranno tutta la loro portata educativa e socializzante e persino le gare amichevoli potranno essere affrontate con gioia e con spirito di collaborazione. La gara allora può avere uno scopo di stimolo e di particolare motivazione, ma non deve mai sfociare in aperto contrasto e in imbroglio.

Possono esserci diversi tipi di giochi (dai birilli, che hanno come finalità il coordinamento occhio-mano, la conoscenza del numero e del colore, ecc., alla palla con tutte le sue svariate possibilità; dai giochi senza alcun sussidio od oggetto occorrente a quelli con sussidi strutturati, cioè materiale già ben definito e con specifici scopi).

Quando ci troviamo di fronte a dei sussidi strutturati, sarà bene studiarli prima, affinché ogni educatore sappia cosa è, conosca il loro uso, le loro finalità e quindi riesca a presentarli e a motivarli meglio nonché ad essere anche più portato ad averne cura e a preoccuparsi della loro conservazione, facendo attenzione affinché non si perdano dei pezzi o vengano danneggiati.

Per quanto riguarda la metodologia, si raccomanda di mostrare ogni cosa con estrema semplicità, tenendo sempre presente che non ciò che per noi è conosciuto, è conosciuto e capito dai ragazzi.

Ogni operatore avrà poi modo di sperimentarla o di "inventarla" a seconda dei ragazzi e dei particolari momenti, perché è opportuno che l'animatore sia molto attento al gruppo che si trova davanti, in quanto non tutti i gruppi rispondono nello stesso modo e non c'è sempre la stessa disponibilità, a seconda delle circostanze, dell'orario o del tempo in cui si presenta qualsiasi tipo di iniziativa.

L'animatore comunque deve credere al gioco che presenta (per poter entusiasmare anche i ragazzi) e dovrebbe essere dotato di creatività e di flessibilità, affinché un gioco possa essere modificato a seconda delle varie esigenze.

Questo però non si può dire a voce, ma si può solo imparare attraverso l'esperienza.



Questa valorizzazione del gioco non vuole naturalmente minimizzare lealtre attività scolastiche e non (schede, elementi di vita quotidiana, musica, teatro, attività motorie o manuali, ecc.), ma si è cercato semplicemente di far capire la non subordinazione del gioco rispetto alle altre, per cui di fatto esso viene posto in un cantuccio, considerandolo attività di serie B o un passatempo per i momenti senza scopo.

Il gioco invece deve essere considerato un'attività alla pari e parte integrante del progetto educativo nelle sue diverse forme e con i suoi molteplici settori.