Brasile 2014, comunque vada a finire, sarà ricordato come il mondiale delle rivolte. Già dall'anno scorso durante la Confederation Cup, che sarebbe il pre-mondiale, abbiamo sentito parlare di persone che protestavano contro lo Stato perché, secondo loro, non era né il momento, né il posto giusto dove far svolgere i mondiali, mentre invece secondo lo Stato era un modo per far si che ci fosse un incremento di turismo, lavoro, infrastrutture e quindi un conseguente aumento di entrate per il Paese.

Oggi a cinque giorni dall'inizio del torneo, il Brasile si divide in due parti: la parte dove la gente non ha cibo e vive in povertà e la parte dove si svolgerà il torneo.

Quella parte che non sembra nemmeno essere il Brasile. Al telegiornale si vedono riprese fatte dai nostri giocatori mentre raggiungono il ritiro, passando dalle zone più povere per poi arrivare nella parte ricca; immagini in cui si vede di quante cose hanno bisogno.

Alcuni giornalisti di Sportmediaset hanno intervistato persone del Paese che erano contro i mondiali perché il Brasile ha bisogno di altro, ha bisogno di riforme, ha bisogno di crescere mentalmente ed economicamente e i mondiali invece sono, secondo loro, uno spreco di soldi pubblici che non porterà alla crescita ma anzi farà si che il Brasile povero sarà sempre più povero e il Brasile ricco si impoverirà.

Concludo dicendo che queste manifestazioni le devono fare Paesi ricchi o più Paesi insieme (come è già successo con Polonia e Ucraina) che hanno una buona base economica e un governo solido, non Paesi tra cui anche la stessa Italia, dove la base economica non c'è ormai da quasi 10 anni e un governo solido da 8 anni, quindi è bene che chi organizza queste manifestazioni abbia a disposizione ogni cosa utile per far si che il Paese ospitante abbia maggior visibilità e un maggior incremento economico e che non faccia sacrifici "mondiali" per essere al centro del mondo per poche settimane.