Il 29 giugno 2014 un gruppo di jihadisti ha inteso autoproclamarsi "Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (Isis) [VIDEO] annunciando la creazione di un califfato e nominando come proprio leader Abu Bakr al-Baghdadi, quale "califfo di tutti i musulmani". Nessuno finora si è seriamente preoccupato dei costanti progressi e delle numerose conquiste territoriali dello Stato islamico in Iraq, Siria e Libia. Ciò che preoccupa gli Usa sono le industrie nucleari in Iran o le mire di rinascita della Russia di Putin mentre i paesi mediterranei europei sono impegnati a discutere i problemi del pericolo default greco, dell'Ucraina e delle ondate di profughi provenienti dalle coste della Libia.
È vero, sembra che ci sia una specie di coalizione, capeggiata dagli Stati Uniti, che combatte contro l'Isis un po' in Iraq e un po' in Siria mentre non c'è nulla di serio in Libia. Finora il conflitto appare blando, flebile e inefficace, tutto si limita a qualche bombardamento aereo, circoscritto in alcune zone, più per arginare le avanzate delle truppe di terra del califfato piuttosto che per respingere e sconfiggere il "nemico". In Medio Oriente, almeno fino a oggi, l'Isis ha conquistato un territorio vastissimo, quasi 50 mila chilometri quadrati, e circa 10 milioni di persone vivono sotto il suo controllo. I jihadisti controllano e gestiscono un numero considerevole di pozzi di petrolio e di sorgenti di gas naturale che assicura loro entrate economiche di svariati milioni di dollari al giorno, utili per armare un esercito di combattenti sempre più numeroso.
Certo, lo Stato islamico ha perso delle battaglie e ha subito molte sconfitte e, in futuro, questo capiterà ancora. L'Isis ha perso la città siriana di Kobanê, vicino al confine turco, poi ha dovuto ritirarsi e abbandonare la città di Tikrit lo scorso mese di aprile mentre pochi giorni fa è rimasto ucciso Abu Sayyaf, considerato il ministro del petrolio dello Stato Islamico, a seguito di un attacco degli Stati Uniti in Siria.
Tutto questo non sconfigge l'Isis, forse argina per un po' la sua irruenza distruttiva, ma che differenza può fare la "pochezza" della comunità internazionale di fronte ai costanti e continui successi delle milizie jihadiste?