Ormai è evidente che il Miur sta mettendo in atto una tattica ostruzionistica per fare in modo che nessun docente si aggiunga al piano di assunzioni della Buona Scuola. Obtorto collo hanno dovuto ammettere alcuni diplomati magistrali che hanno avuto sentenze positive prima del 13 luglio, giorno di emanazione della nuova legge scuola 107. Evidentemente devono essersi detti “questi sono gli ultimi“ e così hanno serrato i battenti con buona pace della legalità. Il 6 ottobre il Miur limita l'ingresso nelle gae ai diplomati magistrali con una nota nella quale spiega che solo chi ha vinto un ricorso ha diritto ad essere inserito nelle graduatorie ad esaurimento.

Tattiche non convenzionali

In altri casi è stato detto che il Ministero non riconosce valore alle cause collettive, scoraggiando in tal modo analoghe iniziative condotte con successo in diversi tribunali italiani. Per frenare l'ondata di ricorsi che sta attraversando tutta la Penisola non sanno più cosa inventarsi. Affermano inoltre che prenderanno in considerazione soltanto ricorsi singoli, forse per scoraggiare in altro modo quei docenti vessati e relegati nell'angolo triste e buio della precarietà in attesa di un altro assurdo e discriminatorio concorso. Così sarà più facile farli fuori lasciando entrare solo i protetti in uscita dalle università. Addirittura, sempre per terrorizzare i docenti, si chiede che vengano addossate loro le spese di notifica della pubblicazione dell'aggiornamento delle graduatorie.

Ma gli dice male perché una sentenza del Tar Lazio attribuisce al Miur tale onere.

Sfoltimento dei ranghi

Guai a lasciarsi ingannare da questa tattica che è solo ostruzionistica. Serve solo a creare nuovi asserviti ai poteri forti, dirottando i diseredati della III fascia ( non si conosce ancora nulla del loro destino) ad altri impieghi che non riguardano la scuola, a meno di non lavorare per quattro soldi per quelle paritarie generosamente aiutate dal Governo con gli sgravi. Moltissimi docenti della II fascia con punteggio basso potrebbero seguire la stessa sorte.