Si fa un gran parlare degli insulti che sul web vengono rivolti nei confronti di politici o personaggi pubblici. Pochi giorni fa la Presidente della camera Laura Boldrini ha pubblicato sulla sua pagina Facebook alcuni commenti offensivi che le sono stati rivolti, rinfocolando la polemica. Più volte in questi anni il parlamento ha discusso proposte liberticide, in nome di un "maggiore controllo della rete". Ma gli strumenti legislativi per punire certi comportamenti ci sono già.
Ingiurie e diffamazione su internet sono punibili
Anche se qualche utente pensa erroneamente che su internet sia consentito offendere o diffamare il prossimo liberamente, ovviamente non è così.
Le legge punisce i comportamenti che configurano le fattispecie di reato stabilite dagli articoli 594 (ingiuria) e 595 (diffamazione) del codice penale, inoltre l'orientamento dei giudici è quello di considerare l'uso della rete un'aggravante, configurando la "diffamazione aggravata" per l'alto numero di persone che possono essere raggiunte attraverso il web. Le vittime del danno possono chiedere e ottenere un risarcimento, di consistenza variabile in funzione della risonanza avuta dalla diffamazione e da altri fattori.
La Boldrini può denunciare
La presidente della Camera, come qualsiasi cittadino, in questi casi ha la facoltà di denunciare i responsabili delle offese. Per farlo è possibile rivolgersi - allegando il materiale del caso e gli indirizzi delle pagine che contengono le offese - alla Polizia Postale, oppure direttamente alla Procura della Repubblica, con o senza l'ausilio di un avvocato, come per qualsiasi altro reato.
Le autorità daranno vita ad una indagine, e mediante l'indirizzo IP sono in grado di risalire anche a commenti o profili Facebook anonimi. Il discorso potrebbe complicarsi se l'utente utilizza servizi che rendono anonima la connessione, ma i social network generalmente impediscono agli utenti di collegarsi tramite proxy che mascherano la connessione.
La questione di genere c'entra poco
La Boldrini ha pubblicato il suo sfogo in occasione della Festa della donna. Ma con la questione della parità di genere la questione sembra averci ben poco a che fare. Le pagine dei politici, ed in particolare dei "big" del governo, ad iniziare dal premier, sovente sono oggetto di commenti offensivi, a prescindere che siano maschi o femmine.
Talvolta i commenti ingiuriosi sono così tanti che i social manager delle pagine spesso non fanno comparsa a cancellarli.
La percezione è quella dell'impunità generale
Se la situazione sul panorama dei social è questa, ciò è dovuto al clima di impunità generale che si respira sul web, dove gli insulti sono all'ordine del giorno. Basta aprire una qualsiasi pagina Facebook e scorrere i commenti dei post per leggerne di ogni, rivolte a personaggi pubblici, politici, ma anche ad altri naviganti. Al di là delle disposizioni di legge, molte persone credono di poter insultare, dileggiare e quant'altro impunemente. Molto probabilmente, se si diffondesse la voce di persone perseguite per questi comportamenti, anche solo con una multa, molti utenti ci penserebbero, prima di dare liberamente sfogo agli istinti più bassi.
Anziché la gogna, Boldrini avrebbe fatto bene a denunciare
Anziché pubblicare sulla propria pagina gli insulti ricevuti da alcuni utenti, con tanto di nome e cognome, dalla terza carica dello Stato personalmente mi sarei aspettato un atteggiamento diverso. Anziché mettere alla gogna gli autori delle offese, la Boldrini avrebbe fatto bene a denunciarli, rendendo noto di averlo fatto.
La questione non sia la scusa per censurare
Concludendo, mi auguro che la questione non diventi la scusa per approvare norme liberticide, che andrebbero ad influire anche sulla libertà di espressione. Inoltre i social network potrebbero utilizzare sistemi automatici di rilevamento delle offese, sanzionando chi va in giro per la rete a insultare. Gli strumenti per porre fine a questo triste spettacolo senza ricorrere alla censura ci sono.