Coloro che vogliono legittimare a tutti i costi la nomina di Paolo Gentiloni alla carica di presidente del Consiglio, si appellano alla Costituzione. Carta alla mano, 'insegnano' e ricordano a destra e a manca che l’articolo numero 92, comma 2, recita più o meno così: "Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e dopo, su proposta di quest’ultimo, i ministri medesimi".

Non è dunque prevista l’elezione diretta del premier, da parte del Popolo italiano. Né si contempla, nel nostro Paese, l’obbligo di possedere dei particolari requisiti, per accedere al diritto di ricoprire la carica di primo ministro.

Addirittura, il candidato può essere pure un non-parlamentare (benché questo sia accaduto meno di frequente). Il presidente della Repubblica può pertanto scegliere chiunque. Chiunque?

Eh no, proprio “chiunque chiunque” no! Non è mai capitato. Il capo dello Stato sceglie e indica il nome, e poi affida l’incarico, sulla base di quanto suggeriscono le diverse forze politiche rappresentate nel Parlamento. Ascolta questi gruppi parlamentari (in primis, ed è inutile dirlo, con riferimento alle componenti della maggioranza), e magari anche (però non è così obbligatorio) i segretari dei partiti coinvolti.

LA SFIDUCIA DELLA GENTE

Questa è la prassi, adottata per convenienza e ragioni 'logistiche', che viene seguita dal presidente della Repubblica, al fine di dare seguito al dettato costituzionale.

E fino a qui, nulla da ridire o eccepire: il comportamento assunto da Sergio Mattarella è più che mai consono. Ma dov’è allora che nasce l’inghippo? Perché molte forze politiche continuano a protestare, asserendo che siamo al cospetto del quarto premier non eletto dal popolo?

Beh, la questione, nel caso di Gentiloni, si pone in questi termini… Non è tanto il nuovo presidente del Consiglio a risultare, di per sé, illegittimo, quanto piuttosto le forze e tutti i gruppi politici che l’hanno indicato e che lo appoggiano.

Chiaro il concetto? L’elezione del premier non esiste, e quindi la nomina Paolo di Gentiloni è di per se stessa legittima. Ma diventa illegittima nel momento in cui è illegittimo chi la propone.

E chi la propone appare palesemente illegittimo in quanto sfiduciato dal popolo. Sfiduciato dal popolo non con una rivoluzione di piazza, non con un’insurrezione violenta, bensì mediante il voto manifestato nell’ambito di un referendum, ossia di uno strumento legittimo previsto dalla Costituzione.

Un giudizio al quale le medesime forze politiche hanno deciso volontariamente di sottoporsi, per essere o meno legittimate nelle loro proposte.

UNA CRISI STRUTTURALE

Siccome il referendum non le ha legittimate ma bocciate, allora l’esito viene disatteso? A parti invertite, ovvero con la vittoria del Sì, oggi si parlerebbe di trionfo… Perciò, chi ora invoca il rigoroso rispetto della Costituzione, a proposito della nomina di Gentiloni, richiamando il citato articolo 92, dovrebbe agire 'per intero' a rigore di Costituzione, spiegando che anche il referendum va rispettato, perché la Carta afferma pure che il popolo è sovrano. Accade però che i rigorosi costituzionalisti dell’ultima ora, sono quelli che sino al 4 dicembre della Costituzione avrebbero volentieri modificato un pezzetto non indifferente.

E nel senso di accentrare più potere nelle figura del premier, anche se in modo un po’ subdolo, 'sibillino', e pur evitando accuratamente di introdurne l’elezione diretta.

L'odierna crisi di governo non è provocata da problemi relativi agli assetti interni, ad equilibri che cambiano o a divergenze tra gli alleati. Una crisi del genere, certo, si affronta e risolve possibilmente scongiurando il ricorso al voto. Ma la crisi attuale è 'strutturale', è causata dalla sfiducia dimostrata dai cittadini, i quali hanno stroncato l’attività del Governo e di chi lo sostiene. Non serve una laurea in giurisprudenza per comprendere come sia anti-costituzionale la formazione di un Governo fotocopia che si fa beffe del volere del popolo sovrano!