Si apre uno spiraglio di luce. Nel Paese in cui il 65% delle strutture ospedaliere si rifiuta di praticare le interruzioni volontarie di gravidanza, c’è chi sta compiendo una rivoluzione. Nell’oscurantismo culturale dell’obiezione di coscienza, nemica delle donne, c’è chi sta compiendo scelte coraggiose. L’aborto farmacologico nella Regione Lazio potrà avvenire nei consultori. Accade in Italia per la prima volta.

La sperimentazione

Stop alle trafile ospedaliere per chi sceglie di abortire con la pillola Ru486. Stop a quel percorso avvilente, raccontato da tante donne, tra i muri bianchi di un ospedale che il più delle volte non ascolta, non comprende, non accetta le scelte consapevoli di chi decide sul proprio corpo e sulla propria vita.

La sperimentazione partirà quest’estate e durerà un anno e mezzo. Nelle prossime settimane un gruppo di esperti della regione continuerà ad occuparsi delle Linee Guida e della regolamentazione del provvedimento che ha l’obiettivo di rendere meno gravoso l’accesso all’aborto.

Una scelta contestata dai 'pro – life'

Già nei mesi scorsi l' amministrazione zingaretti aveva dato impulso a questa battaglia promuovendo un concorso per medici non obiettori. Anche questa decisione aveva fatto discutere, tanto che il presidente dell'Ordine del medici di Roma Giuseppe Lavra ha chiesto di revocare l’ “atto” che considera “iniquo'',parlando di discriminazione nei confronti di chi esercita un diritto sancito dalla bioetica e dalla deontologia medica “Stiamo ricostruendo un modello sociosanitario all'avanguardia”, fa sapere il presidente della regione Zingaretti.

“Siamo impegnati a rafforzare i servizi di ascolto e prevenzione sul territorio e, nello stesso tempo, a garantire la libertà di scelta e la salute della donna, della coppia e del bambino, applicando in modo corretto la legge 194 e limitando l'abuso dell'obiezione di coscienza". Una regione sotto attacco dei cosiddetti movimenti fondamentalisti “pro life” secondo cui questi provvedimenti stanno violando la legge 194.

Una regione illuminata, invece, che sta affrontando a viso aperto una questione che riguarda i diritti delle donne, della libertà di scelta, dell’autodeterminazione.

Un Paese obiettore

Questo accade in un Paese in cui in 94 ospedali con un reparto di ostetricia e ginecologia, solo 62 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza.

E i dati regione per regione sono inquietanti: nel Molise è obiettore di coscienza il 93,3% dei ginecologi, il 92,9% nella PA di Bolzano, il 90,2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86,1% in Puglia, l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo.