Partiamo da una domanda. Quale credibilità potrebbe avere una compagine politica che da una parte mira a governare il paese e dall'altra deve fare i conti con una brutta lotta intestina?

Questo saranno gli elettori a dirlo. Per adesso, la realtà del vecchio e morente centro-sinistra italiano sta vivendo una stagione difficile, una sorta di "congiura dei pazzi", 539 anni dopo quella originale. Al di là delle battute, che fanno sempre bene, la situazione non è affatto rosea. Sono bastate le elezioni amministrative per acuire una crisi che già da tempo mette sotto scacco l'intera carovana con il suo testardo condottiero.

Segno di immaturità o traccia profonda di una dialettica politica infinita?

Senza scomodare le grandi riflessioni di Hannah Arendt sugli spazi del politico, l'analisi concreta e tangibile dei fatti parla chiaro. Il rottamatore, che insiste con la sua teoria rottamante, vacilla e combatte contro i colpi dei vecchi rottamati che cercano di risorgere dalle loro stesse ceneri.

Infatti, dopo la restaurazione "bersaniana" dello scorso 25 febbraio, la transfuga dei militanti Pd, quelli più democratici e progressisti per intenderci, verso il nuovo elemento (l'eufemismo è volutamente forzato) Articolo Uno, pare un fenomeno lento ma inesorabilmente inevitabile.

Ma ecco che arriva Prodi il risolutore

Negli ultimi giorni si è parlato addirittura di un incontro segreto tra l'ex premier, il professor Prodi ed Arturo Parisi; un simposio che avrebbe dovuto, a quanto pare, portare a una soluzione.

Il risultato però non è andato a buon fine: Prodi si tira indietro e rinuncia a fare il tanto agognato "Vinavil", con i più sentiti ringraziamenti dei vari Pisapia, D'Alema e Letta. Già, proprio quest'ultimo se la starà ridendo sotto i baffi. Lui, proprio lui infatti, che era stato fatto fuori in quattro e quattr'otto dal rampante Matteo da Pontassieve (ricordate la storia del campanellino indigesto al primo Consiglio dei Ministri presieduto da Renzi?) diventa il deus ex machina prodiano.

Ma tornando al fatidico incontro segreto, pare che il nome di Letta sia stata la goccia che ha fatto traboccare definitivamente un vaso già bello che crepato.

Le conclusioni? Sempre la stessa storia...

L'esito di questa infinita dialettica, per adesso in attesa di importanti quanto agognati sviluppi, è sicuramente un tacito patto di non belligeranza che vede da una parte Renzi e i suoi fedelissimi chiusi a riccio e intenti a studiare la prossima e definitiva mossa, dall'altro i transfughi sempre pronti a una coalizione in cui a dettare le regole siano sempre e soltanto loro.

D'altronde, riflettendoci bene, tutta questa situazione paradossale, da un certo punto di vista, altro non è che l'ennesimo capitolo della storia di una sinistra di stampo italico che da sempre anela a un'unione, ma che vede i suoi protagonisti mai pronti a compiere un passo indietro nel nome del bene comune.