Il mondo del lavoro è un universo pressoché sconosciuto ai giovani, un universo che a loro non appartiene. Perché? Le risposte a una tale domanda sono molteplici e riconducibili a diversi fattori che tendono ad individuare la radice del problema nella crisi economica che ha messo in ginocchio il nostro Paese e il suo sistema produttivo.

I dati Istat hanno stimato un aumento degli occupati che consta di 23 milioni: nel solo mese di luglio i lavoratori sono cresciuti dello 0,3%. Soddisfatto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti e anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, vede segnali di ripresa.

Ma a questo record occupazionale corrisponde, tuttavia, un incremento della disoccupazione dell'11,3%. Un dato piuttosto allarmante se si considera che ad essere disoccupati sono i giovani, soprattutto laureati, che faticano a trovare lavoro dopo il conseguimento della laurea.

Perché i disoccupati aumentano?

La Costituzione recita che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Beh, la teoria è veritiera. La pratica un po' meno. Di certo, non c'è bisogno del genio della lampada per capirlo, basta guardarsi intorno per rendersi conto che il numero dei disoccupati cresce a vista d'occhio e a pagarla cara sono i giovani laureati. Tanta fatica, tanti soldi... E poi? E poi si spendono altrettante energie per trovare un lavoro all'altezza del corso di studi che si è frequentato.

Risultato? Laureati che si vedono costretti a guardare la pergamena senza poterne usufruire. Allora a cosa serve la laurea?

Qual è il ruolo degli istituti scolastici e universitari?

Innanzitutto, la riduzione degli anni liceali è, forse, la 'bastonata' peggiore per il sistema scolastico italiano. Vero è che si tratta, per ora, di un esperimento.

Ma, sicuramente, l'Italia non ha un livello culturale abbastanza elevato da potersi permettere una diminuzione degli anni di studio. I vari ministri della Pubblica Istruzione (ad esempio, Fioroni) hanno avuto come conseguenza continui scioperi da parte degli alunni che, nella maggior parte dei casi, si sono tradotti in giornate libere, giornate di ferie, senza manifestazioni né proteste.

In secondo luogo, anche il numero chiuso alle università andrebbe eliminato. A cosa serve? Chi entra a medicina? Quanti trascorrono l'estate sui libri dopo la maturità sperando di entrare in quel mondo? Quanti si sentono falliti alla fine per non esserci riusciti? Favoritismi e nepotismi esistono da sempre e non scompariranno mai, ma bisognerebbe cercare di ridurre un tale fenomeno. Pensiamo, ad esempio, ai numerosi casi di malasanità!

Non si tratta di criticare o denigrare le figure professionali suddette, non si tratta di fare la morale. Si tratta semplicemente di muoversi nella direzione giusta per rialzare questo Paese. I politici dovrebbero pensare di più ai giovani che saranno il futuro dell'Italia ormai allo sbando e di meno alle loro pensioni lussuose.

I giovani imparano a tutelarsi da soli, imparano a farsi largo da sé, imparano a contare sulle proprie forze, questo è vero, ma creare più posti di lavoro, dare più possibilità ai giovani di addentrarsi in questo mondo, fare in modo che i giovani non restino disoccupati fino a 30-40 anni e, in definitiva, migliorare la situazione lavorativa di questo paese dovrebbe essere l'obiettivo primario. Un obiettivo che spesso si perde di vista!